DI PIERO ORTECA
Una volta si esportavano carri armati e cacciabombardieri. Ora, però, i tempi sono cambiati e l’arma vincente per conquistare i Paesi africani è diventato il grano. Così, al ‘supervertice’ Russia-Africa di San Pietroburgo, Putin ha scelto di dare una sterzata decisa alle sue strategie di penetrazione tra i ‘non allineati’. A cominciare dal Continente nero, dove finora i russi avevano puntato principalmente sull’industria della difesa.
Meno carri armati e più grano
Da ora in poi, vista la drammatica situazione alimentare in cui versano ampie regioni del continente africano, dal Mediterraneo al Capo di Buona Speranza, Mosca è pronta a cedere grano ‘gratis’. O, è parso di capire, ‘a prezzi politici’. Un ‘colpo di teatro’ politico, ma efficace fino a un certo punto. Perché ci sono grandi nazioni che, da questa escalation della crisi ucraina, potrebbero subire catastrofici contraccolpi sociali e politici. Come l’Egitto, profondamente dipendente dalle importazioni di cereali che arrivano proprio dalle zone di guerra. Ed è stato proprio il Presidente El Sisi ad alzare la voce, per chiedere a Putin «di ristabilire immediatamente le condizioni per rifornire immediatamente i Paesi africani più poveri». Il Presidente del Congo Brazzaville, Denis Sassou Nguessou, ha ribadito lo stesso concetto del leader egiziano, annunciando la presentazione di un piano di pace. Sarebbe una nuova versione di un documento già proposto al Cremlino alcune settimane fa. Il leader congolese ha fatto appello a Putin e Zelenski, perché la proposta non venga sottovalutata.
Partner in un nuovo mondo multipolare
L’impegno preso personalmente da Putin sul grano, è stato accompagnato da quello a «diventare partner in un nuovo mondo multipolare». Dichiarazione che lega la disponibilità all’export dei cereali russi a una visione diversa degli equilibri geopolitici, proposti dal Cremlino. Ovviamente, in questo momento si tratta di una promessa difficilmente realizzabile. Perché il Mar Nero è zona di guerra e i porti ucraini sono quotidianamente bombardati. Certo, la posizione di Mosca è diplomaticamente delicata: prima ha invaso l’Ucraina e ore ne ha bloccato i porti, impedendo il traffico in uscita dei preziosi carichi. Con tutti gli effetti disastrosi del caso, sui Paesi tributari, molti dei quali sono africani. Il ‘blocco’ fatto da Mosca non è solo una rappresaglia. È peggio. Si tratta di un ricatto bello e buono, fatto scattare perché l’Occidente «non vuole ammorbidire le sanzioni». E così, aggiungiamo noi, finiscono per lasciarci l’osso del collo le popolazioni più fragili del Terzo mondo, che per la loro sopravvivenza alimentare dipendono proprio dal grano ucraino (e russo).
Disagi a San Pietroburgo
Dicono funzionari diplomatici, che a San Pietroburgo sede del vertice, il disagio si tagliava col coltello. Anche le delegazioni dei Paesi più vicini alla Russia hanno mostrato un certo imbarazzo. Il motivo è semplice. Proprio qualche settimana fa, una rappresentanza dell’Organizzazione dell’unità africana si è recata in visita da Putin per perorare la causa della pace. I diplomatici, guidati dal Presidente sudafricano, Cyril Ramaphosa, hanno ribadito al leader del Cremlino il loro accorato mantra: questa guerra rischia di mettere in ginocchio non solo chi la combatte, ma anche chi subisce i suoi effetti collaterali a distanza. Primi fra tutti gli africani, popolazioni già aggrappate alla curva di sopravvivenza, che non sono in grado di reagire agli shock dei prezzi. Può essere utile ricordare, per esempio, che quelle che all’inizio sono nate come Primavere arabe, in realtà erano delle vere e proprie ‘rivolte per il pane’. Insomma, la guerra in Ucraina, sempre più sanguinosa e le sue dolorose ‘esternalità’ stanno mettendo in crisi un intero continente. E tutta l’Africa chiede conto e ragione anche a Putin.
Meno presenze e meno simpatie
Rispetto a prima della guerra, il clima diplomatico è cambiato. La CNN ha fatto la conta dei Paesi presenti, facendo un’analisi comparativa con il 2019. Quest’anno, a San Pietroburgo, sono arrivati in 17; meno della metà rispetto alle presenze del primo vertice, quando erano 43. Secondo il network televisivo americano, il Cremlino è su tutte le furie e accusa l’Occidente di avere fatto pressioni, su molti Stati, per disertare l’appuntamento. Proprio per questo, nell’annunciare l’export gratuito di grano verso una mezza dozzina di Paesi africani, Putin è tornato a ribattere sul chiodo delle sanzioni. In sostanza, il blocco del grano sarebbe una sorta di difesa, contro le misure commerciali imposte dall’Occidente. «Un atto di guerra che risponde a un altro atto di guerra». Con la spiacevole circostanza, però, che chi viene messa in mezzo, incolpevolmente, ci lascia la vita.
“Dunque, per riparare in parte, secondo quanto ha riportato la BBC, Putin, nei prossimi quattro mesi, potrebbe spedire gratuitamente circa 50 mila tonnellate di grano a ogni singolo Stato. I destinatari degli aiuti dovrebbero essere Eritrea, Burkina Faso, Zimbabwe, Mali, Somalia e Repubblica Centrafricana. E gli altri? Dovranno avere la pazienza di aspettare la fine della guerra. E speriamo che non siano loro, spinti dalla fame, a cominciarne un’altra”.
Articolo di Piero Orteca, dalla redazione di
29 Luglio 2023