“IL MONDO DEVE RESTARE AMERICANO E GLI EUROPEI SONO AVVERTITI: CON NOI O CONTRO DI NOI”

DI ENNIO REMONDINO

 

 

America sempre più determinata a contrastare l’ascesa cinese, denunciando un presunto mercantilismo aggressivo e scorretto ai danni dell’Occidente. «E gli europei sono avvertiti: con noi o contro di noi», segnala e rilancia Robert David Atkinson, economista canadese-americano presidente della Information Technology and Innovation Foundation, un think tank di politica pubblica con sede a Washington, ospitato su Limes.
Così la pensa l’Americano colto, moderatamente Dem con incarichi avuti da Obama e da Biden. A voi immaginare cosa potrebbe raccontarci del mondo l’americano medio, non colto, non Dem ma trumpiano, con la pistola in tasca e altre armi in casa.

Quello che “il mondo deve”

«Cosa fare con l’ascesa della Cina a potenza tecnologica, economica, militare e geopolitica: questa la principale questione che l’Occidente dovrà affrontare nei prossimi decenni». Sempre un nuovo nemico, e vecchia storia diciamo noi. Che assieme alla Russia rischiano di essere un po’ troppi. «In gran parte d’Europa si percepisce la Repubblica Popolare come un paese in rapido sviluppo, quindi un grande mercato soggetto a misure ingiuste da parte dell’Occidente e delle istituzioni globali da esso dominate. Al contrario, l’opinione prevalente negli ambienti politici statunitensi è che la Cina sia una nazione di stampo neoleninista, in cerca dell’egemonia globale attraverso una strategia mercantilistica predatoria, incentrata sulle industrie avanzate».

Gli ignavi politici europei

«I politici europei non ritengono Pechino una minaccia. Inoltre, sul piano tecnologico ed economico molti europei considerano gli Stati Uniti una sfida non meno seria della Cina, ed entrambe le potenze responsabili delle tensioni commerciali. Il presidente francese Emmanuel Macron, dopo il suo ultimo viaggio a Pechino, non vuole che l’Europa sia ‘vassalla’ di Pechino o di Washington». Ma il professore, che ritorna prima sulla Cina comunista, sostiene: «le ultime due amministrazioni americane hanno introdotto dazi, limiti agli investimenti e controlli sulle esportazioni, solo in risposta alle cattiverie di Pechino».

Gli scettici e la BCE

«La presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, ha osservato che ‘chiaramente esiste una competizione tra queste grandi economie’ (Cina e Stati Uniti) e ha avvertito che ‘il commercio non deve essere conflittuale». Contestazione Usa: «Pechino non ha rispettato quasi nessuno degli impegni assunti con l’adesione all’Omc nel 2001. I sussidi massicci e distorsivi concessi all’industria dei pannelli solari hanno distrutto le imprese europee. Lo stesso sta avvenendo in altri settori chiave: telecomunicazioni, utensili, prodotti chimici, alta velocità ferroviaria e da ultimo aviazione, automotive, farmaceutica». L’Inflation Reduction Act di protezionismo Usa non viene citato.

L’America salva mondo

«L’America salva mondo e i leader dei 27 vivono nel mondo dei sogni. E sono ottusi», sostiene il patriottico professore. Gli Stati Uniti che sfidando la Cina intendono proteggere soprattutto l’Europa. Gli Stati Uniti dalla lotta all’espansionismo sovietico che ora cercano di fare lo stesso con la Cina. Con qualche errore, ammette il luminare. Per questo ‘la Information Technology and Innovation Foundation‘ che lui dirige parla di ‘svolta hamiltoniana’, da Alexander Hamilton, primo segretario al Tesoro degli Stati Uniti a fine ‘700 (la sua faccia sulle banconote da 10 dollari), sostenitore della indipendenza anche commerciale Usa dalla Gran Bretagna.

Hamilton del XVIII secolo alla ribalta

Garantire che l’America rimanga davanti alla Cina. Aiutare le imprese statunitensi a conquistare quote di mercato globali attraverso l’innovazione e le politiche industriali, limitando i danni inflitti dalla Repubblica Popolare. «Il recente ‘Chips and Science Act’ (finalmente una citazione), che include finanziamenti per le fabbriche di semiconduttori, è stato un significativo passo in avanti. Lo stesso vale per i controlli sulle esportazioni di chip introdotti dalle amministrazioni Trump e Biden».

Decoupling, politica dominante

Washington con Ursula von der Leyen a negare servizi in determinati settori particolarmente a rischio. «Ma i neoliberisti sono tanto legati al puro ideale del libero scambio da non riconoscere che il problema è che mentre l’America è aperta ed equa, la Cina è chiusa e scorretta». E cita una serie di fallimenti catastrofici: «il tramonto della manifattura americana, l’aumento della disuguaglianza nella distribuzione del reddito, la crisi finanziaria del 2008, la crescita vertiginosa della Cina in settori avanzati».

Protezionismo trumpiano

Una visione popolare, ma non una valida alternativa al neoliberismo. Altra contendente è la pratica del ‘green equity’, raggiungere obiettivi sociali attraverso la politica industriale. Ridurre le emissioni di gas serra e promuovere una crescita equa. «Purtroppo, gran parte dei politici europei ragiona in questi termini: perseguire obiettivi sociali anziché obiettivi di competizione tecnologica ed economica. I progressisti bollano come razzista chiunque sostenga la necessità di sfidare la Cina».

Rimpianti di guerra fredda

«Durante la guerra fredda la politica estera era semplice: l’America aveva un nemico, l’Unione Sovietica, e voleva che gli altri paesi si schierassero contro di esso. Accordi commerciali unilaterali, controlli sulle esportazioni e aiuti consistenti per stimolare lo sviluppo economico in nazioni come GiapponeCorea del Sud e Taiwan erano funzionali a tale obiettivo. Poi, finita la guerra fredda, molti hanno immaginato una nuova èra caratterizzata dalla ‘fine della storia’ in cui tutti gli Stati – a eccezione di quelli ‘canaglia’ – fossero amici dell’America».

«Perché noi rappresentiamo libertà, democrazia e prosperità. L’inevitabile percorso da seguire puntava a una totale integrazione globale», esagera l’incontenibile Robert David Atkinson.

I progetti di Xi Jinping

Dominare il mondo sul fronte economico, tecnologico, diplomatico e militare. «E ogni volta che gli Stati Uniti fanno un sacrificio nel mercato globale cedono terreno alla Cin. Gli Stati Uniti hanno oggi una produzione in settori industriali avanzati (come semiconduttori, macchinari, aerospazio, farmaceutica) inferiore di oltre il 25% alla Cina rispetto al Pil. Se si esclude la Germania, il resto dell’Unione Europea è messo anche peggio. Ora quel potere va ricostruito e alimentato. Non può più essere barattato per motivi geopolitici».

Scegliere tra Washington e Pechino

«’Non si tratta di costringere i paesi a scegliere. Si tratta di dare loro una scelta’, dice Blinken. Il problema è che la maggior parte di questi, soprattutto in Europa, sceglierà di avere la botte piena e la moglie ubriaca. L’Ue vuole il migliore dei mondi possibili: aiuti strategici e militari americani, ma anche investimenti e mercato cinesi». Teoria Hamiliton dal XVIII secolo: «l’America deve trattare le altre nazioni stabilendo se si comportano come alleati, conoscenti o nemici. Gli alleati condividerebbero responsabilità, ma beneficerebbero di opportunità. Non sarebbero soggetti alle restrizioni protezionistiche, potrebbero partecipare a progetti tecnologici congiunti, a nuovi e solidi accordi commerciali. Sarebbero destinatari di investimenti statunitensi in comparti come la difesa. Farebbero parte di un nuovo sistema di resilienza collettiva»

Conoscenti o nemici

«Chi si rifiutasse di scegliere da quale parte stare avrebbe un accesso limitato al mercato statunitense e sarebbe oggetto di sanzioni se imponesse tasse discriminatorie sui servizi digitali offerti da imprese statunitensi. Infine, i nemici – nazioni i cui interessi sono opposti a quelli del mondo libero – sconterebbero limitazioni nel commercio, negli investimenti e nella cooperazione; nonché contromisure per limitarne la capacità di crescere mediante pratiche sleali».

Sfida globale alla Cina

«Il Giappone ha già accettato di vietare la vendita di alcuni modelli di semiconduttori alla Cina per sostenere gli sforzi dell’amministrazione Biden. Tōkyō sta cercando di spostare la produzione delle aziende giapponesi fuori dalla Cina e sta aumentando il bilancio della difesa, schierandosi con Taiwan in caso d’invasione da parte della Repubblica Popolare. Alleati sarebbero anche i paesi del Commonwealth come CanadaRegno Unito e Australia».

Inaffidabili europei

Non è invece chiaro cosa sceglierebbe l’Ue. «Alcuni paesi, soprattutto quelli dell’Europa orientale, si schiererebbero con gli Usa. Altri, come Francia e Germania, non paiono disposti a fare ciò che serve per essere nostri alleati. Molti leader europei restano fedeli all’idea secondo cui la Cina è solo una nazione in via di sviluppo, vittima dell’aggressività statunitense. Dopo un altro decennio di atti predatori da parte della Cina, l’Ue potrebbe cambiare opinione. Ma a quel punto, forse, sarà troppo tardi». L’Italia non è citata.

L’Europa e la nuova America “Hamiltoniana”

«L’Europa può solo sperare di creare un’economia più forte e autosufficiente, o pregare che il Partito comunista cinese diventi più benevolo. In assenza di un massiccio sconvolgimento politico negli Stati Uniti, gli sforzi per vincere la battaglia con la Cina continueranno, anzi si intensificheranno. L’Unione europea può unirsi a questa importante causa. O può cercare di diventare una superpotenza, come vuole Macron. Buona fortuna».
Anche a lei, professore.

 

Articolo di Ennio Remondino, dalla redazione di 

6 Giugno 2023