UCRAINA, LA PERDITA DI BAKHMUT E LA FOLLE SCOMMESSA DELL’EUROPA

DA REDAZIONE

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Oggi è molto arduo sostenere che la perdita di Bakhmut non abbia un valore militare o una rilevanza strategica come si sta cercando di fare. Un’operazione propagandistica e mediatica già in atto comprensibilmente in Ucraina dove si teme per la tenuta del “fronte interno” e un po’ meno comprensibilmente in Occidente e soprattutto in Europa, dove vengono impiegate le tecniche del silenzio e delle “cortine fumogene” per coprire il traballare dell’intera narrazione “mainstream” su questa guerra.

La perdita di Bakhmut e la follia Europea

Ucraina, la perdita di Bakhmut e la folle scommessa dell'Europa

Di sconfitta in sconfitta, perdendo secondo il Corriere una brigata al giorno, combattendo senza calzini e a colpi di vanga, esauriti da tempo di missili, travolti ogni mese da una delle nuove Zauberwaffen della Nato, guidati da generali alcolisti e da un presidente pazzo e malato, i russi ieri hanno completato la conquista della roccaforte di Bakhmut (Artemovsk).

Esattamente ad un anno di distanza dalla conquista dell’altra roccaforte inespugnabile di “Azovstal” a Mariupol.
Ora rimane solo la terza e ultima linea difensiva.

Questo nonostante l’Ucraina si sia giovata di armamenti e addestramento Nato dal 2016, e nonostante dopo lo scoppio della guerra la Nato abbia sostenuto l’esercito ucraino svuotando i propri arsenali convenzionali, addestrando le truppe, fornendo e pagando mercenari stranieri, e nonostante il budget ucraino sia oramai sostenuto soltanto dai finanziamenti a perdere occidentali.

Confesso di essere stupito, perché per quanto bassa potesse essere la stima nei confronti della lungimiranza del blocco occidentale, di fronte ad uno sforzo pazzesco e concorde del genere, con sanzioni economiche durissime, mi sarei aspettato almeno qualche rovesciamento del fronte. (Prospettiva peraltro assai preoccupante, perché sappiamo tutti che una Russia davvero in difficoltà, che temesse per la propria esistenza, rappresenterebbe la più pericolosa delle prospettive.)

Invece si sta prospettando lo scenario più catastrofico tra quelli immaginabili per l’Occidente (meglio, per l’Europa, gli USA se la caveranno come sempre).
Uno sforzo economico-bellico del genere, con una situazione aggravata dalla distruzione delle linee di approvvigionamento energetico russo, non poteva che rappresentare nel medio-lungo periodo un quadro drammatico, a meno che non si fosse realizzato uno scenario particolarissimo.

L’unico scenario su cui l’Europa poteva scommettere, scenario fantapolitico, ma almeno inizialmente fantasticabile, era la prospettiva di una Russia che si scioglieva come neve al sole, dove un cambiamento di regime avrebbe rimesso un orsetto gommoso tipo Eltsin al Cremlino, dando il via ad un nuovo saccheggio occidentale, come quello degli anni ’90.

Oggi possiamo affermare con tutta la certezza che la storia consente, che questa non è una prospettiva realizzabile.

Ogni altro scenario oscilla tra due opzioni, ad un estremo abbiamo un’escalation illimitata della partecipazione Nato fino all’Olocausto nucleare, all’estremo opposto abbiamo uno sfondamento russo che pone fine all’esistenza dell’Ucraina arrivando ai confini Nato di Polonia e Romania.

In mezzo tra questi estremi abbiamo vari stadi intermedi di congelamento del fronte su linee mediane (il Dnepr?), con il perdurare di un conflitto a bassa intensità, come guerriglia o terrorismo, capace di andare avanti per decenni.

Dunque in tutti gli scenari disponibili l’errore di valutazione fatto dalle oligarchie europee rimarrà nei libri di storia.

Esso apre a cascata una fase di drammatico ridimensionamento del ruolo economico e culturale dell’Europa, ponendo fine a quella fase dominante avviata tra XVI e XVII secolo, arrestatasi sì con le due guerre mondiali, ma poi proseguita in alleanza con gli USA negli ultimi settant’anni.

L’impoverimento delle popolazioni europee, iniziato dopo la crisi subprime – anch’essa originatasi per decisioni americane – subirà un’accelerazione progressiva dovuta alla convergenza dell’aumento dei costi di produzione (energia e materie prime), della riduzione dei mercati di esportazione (fine della globalizzazione), e della necessità di un aumento stabile delle spese militari.

Non mi illudo che a questa catastrofe indotta da scelte politiche scellerate le popolazioni europee – stordite, depoliticizzate, ipnotizzate in modo terminale – saranno in grado di reagire.

Ma è certo che in altre epoche, intere dinastie regnanti hanno perso la testa per molto meno.

 

Articolo di Andrea Zhok, dalla redazione di 

22 Maggio 2023

 

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Andrea Zhok,

filosofo e accademico italiano, professore di Antropologia filosofica e Filosofia morale presso l’Università degli Studi di Milano.