IN CINA LA “UNIVERSITA’ DEL MONDO” CONTRO IL MONOPOLIO USA DELLA TECNOLOGIA

DI PIERO ORTECA

REDAZIONE

 

 

Se a Hiroshima si discutono i destini del mondo a cominciare dall’Indo-Pacifico, a Pechino si affilano le armi e si preparano strategie vincenti per riaffermare quello che Xi Jinping ormai ripete, da anni: questo sarà il secolo della Cina. Gli ‘altri’ lo temono. O, forse, già lo sanno e si attrezzano per rispondere a una sfida che probabilmente non farà prigionieri.

Occidente prigioniero della guerra in Ucraina

La leadership di Pechino è convinta che gli Stati Uniti, tirandosi appresso un’Europa acritica, vogliano rallentare lo sviluppo economico della Cina, cercando soprattutto di bloccare il suo accesso alle nuove tecnologie, che garantiscono una crescita esponenziale della produttività del lavoro. In sostanza, secondo Xi, l’Occidente gioca sporco, perché, attraverso il monopolio delle conoscenze tecnologiche, impone la sua visione del mondo agli altri Paesi. Anche a quelli in via di sviluppo, che finiscono per essere condizionati politicamente e colonizzati finanziariamente, attraverso le regole di condotta dettate dal Fondo monetario internazionale.

Sicurezza nazionale e brevetti

L’ America controbatte: è solo una questione di sicurezza nazionale. «Non possiamo consentire – dicono – l’accesso a tecnologie che possono anche avere applicazioni militari». A parte il fatto, aggiungono a Washington, che la ricerca scientifica costa un botto e non è ammissibile che qualcuno sfrutti il lavoro intellettuale fatto da altri. Copiandolo. Insomma, le posizioni sono chiare e ognuno resta della sua idea. Proprio per fronteggiare questa analisi Usa, giovedì scorso Xi Jinping ha lanciato il nuovo progetto del millennio.

L‘Università del mondo

Un ‘Centro internazionale per l’innovazione scientifica e tecnologica’ che dovrà raccogliere i migliori cervelli del mondo, a Pechino, entro il 2025. Senza badare a spese. Un centro aperto a tutti, scevro da preconcetti ideologici o di nazionalità e che sarà supervisionato dallo stesso Xi in persona. Come già dicono a Pechino, sarà “l’Università del mondo”, capace di raccogliere in Cina la più alta concentrazione di eccellenze planetarie. Secondo il ‘South Chima Morning Post’ di Hong Kong, le direttive del leader parlano chiaro: «Bisognerà coltivare in modo indipendente talenti scientifici di alta qualità». Aiutando i college e le università ad accelerare l’implementazione e il miglioramento di varie discipline.

Xi ha chiesto di concedere visti facilitati, permessi di lavoro e opzioni di residenza a lungo termine «grazie a una nuova regolamentazione che faciliti l’arrivo in Cina di talenti stranieri».

Dove gli Usa chiudono, la Cina apre

Pechino gioca pesante e mette sul piatto della bilancia miliardi di dollari, destinati alla “iperspecializzazione” scientifica e, soprattutto, tecnologica. Togliendo cervelli alla concorrenza. In pratica, il Partito comunista cinese ha invertito la precedente politica, che era quella di ‘esportare’ giovani ricercatori cinesi all’estero, fargli fare le ossa, e poi riportarli in patria a spendere l’esperienza guadagnata. Ma, da un pezzo, il giochetto è stato scoperto dalle autorità occidentali, che molte volte hanno espulso i ‘fellows’ cinesi, accusandoli, in pratica, di una forma indiretta di spionaggio.

Grandangolo su Hiroshima G7

Non solo Ucraina e non solo Russia. Il ‘nemico’ che fa più paura agli Stati Uniti e all’Occidente associato, è la Cina. Il colosso asiatico, col suo rigido ‘capitalismo di Stato’, sta mettendo in palesi difficoltà il modello produttivo delle grandi democrazie industriali, liberali o socialdemocratiche che siano. E il modello cinese ha una caratteristica: garantisce un’accumulazione veloce e non guarda in faccia proprio nessuno. Nemmeno i diritti individuali. Forse per questo, spesso, ha tanto successo nel Terzo mondo.

America “usa e getta” e il potere economico

L’ America lo ha sfruttato fino a che gli ha fatto comodo, quando il fronte della Guerra fredda correva lungo la “Cortina di ferro” in l’Europa. Poi, nel momento in cui la bilancia commerciale Usa è sprofondata in un rosso sangue, ha cominciato a capire da dove arrivavano i veri pericoli. Taiwan? Una scusa buona per tutte le occasioni, utilizzata per coprire la vera materia del contendere: la lotta mortale tra due sistemi economici, da cui dipende anche l’organizzazione della struttura sociale e politica del mondo che verrà.

“Dunque, oggi il Presidente Biden sta solo cercando di mettere in pratica quello che aveva annunciato subito dopo la sua elezione. Impedire che nel 2030 la Cina scavalchi il suo Paese come leader dell’economia mondiale”.

Oltra la supremazia militare, quella tecnologica

Per poter raggiungere questo obiettivo, la Casa Bianca deve puntare a conservare la supremazia tecnologica; quella finanziaria, originata dal monopolio del dollaro; quella del controllo della catena di approvvigionamento delle materie prime produttive e, naturalmente, la predominanza geopolitica in un pianeta che Washington, vorrebbe sempre più ‘unipolare’, a suo predominio. Ma diventa un errore formidabile, ritenere che quello che va bene per noi debba essere anche ciò che va bene sempre e comunque per gli altri.

“Tutti i popoli del pianeta esigono parità di trattamento, e rispetto per le loro strategie di sviluppo, al di là dell’arroganza del ‘pensiero unico’ occidentale. Che, paradossalmente, ci sta isolando dal resto del mondo, molto più di quanto ce lo raccontano”.

 

Articolo di Piero Orteca, dalla redazione di

20 Maggio 2023