IL CROLLO AMERICANO

DI GIOACCHINO MUSUMECI

Gioacchino Musumeci

 

Prima di scrivere qualcosa sulla vista di Zelensky in Italia, ennesima puntata della saga triste ove un attore consumato è anche presidente di uno Stato, volevo informare utenti amici e nemici che dal sicuro fallimento di Mosca vaticinato dagli esperti nel Marzo 2022, nel Maggio 2023 la notizia è che entro il primo Giugno Washington non avrà risorse monetarie per sostenere gli impegni in scadenza.
La situazione, che avesse riguardato chiunque altro avrebbe visto titoli in rima pagina e provocato un disastro nelle borse mondiali, si definisce tecnicamente “default”, cioè quel fallimento che si sarebbe dovuto verificare ai danni di Mosca. Qualsiasi commento è superfluo ma una risata ci potrebbe stare.

Preoccupa non poco lo stato pietoso delle finanze americane, alle prese con impegni internazionali soffocanti, il dollaro detronizzato dalla posizione privilegiata di valuta di riserva, inflazione combattuta con aumento dei tassi e prossima contrazione dei consumi, crisi del comparto bancario e default alle porte. Possiamo senz’altro dire che i risultati della presidenza Biden sono rassicuranti e sotto questa luce ha molto più senso il pellegrinaggio europeo per ottenere risorse che Washington ora non può offrire.

La notizia, ben occultata dato che l’Italia è il più alto rappresentante zerbino Usa in Europa, trova conferma nella lettera della Segretaria al Tesoro Janet Yellen inviata ai leader del Congresso e ai responsabili delle commissioni finanza e budget del governo americano. Il Congresso, bontà sua, può comunque ricorrere a un palliativo che rimanderebbe il default a data da destinarsi qualora negli Usa non ci si renda conto che i tempi del primato americano e di Washington con le mani in pasta ovunque sono finiti. E credo più di qualcuno fatichi ad accettarlo.

Momentaneamente per uscire dalla crisi è possibile aumentare il limite del debito americano le cui proporzioni sono letteralmente mostruose: 28.500 Miliardi di dollari. Ma come dicevo si tratta di un palliativo: Persino Jamie Dimon, attuale amministratore delegato di JP Morgan Chase, la più grande banca al mondo, ha espresso timori quanto all’evento “potenzialmente catastrofico” di una eventuale insolvenza creditizia da parte degli Usa. Inoltre, un portavoce di Morgan Stanley ha avvertito la possibilità di un default del credito statunitense. Infine, anche il presidente della Federal Reserve Jay Powell ha asserito che, a seguito di un eventuale default, la banca centrale statunitense sarebbe debole nel “proteggere completamente” l’economia americana dai rischi che ne deriverebbero. Elementi, questi, che hanno messo seriamente a rischio la tenuta del sistema finanziario americano. Eppure le agenzie di rating non osano declassare il debito americano a spazzatura come farebbero allegramente con altri; casualmente Standard & Poor’s e Moody’s sono americane.

Il dato più assurdo è che la Yellen si preoccupa della leadership statunitense nel mondo come fosse se alla luce della fragilità economica Usa, non fosse già assodato che la Cina ne prenderà il posto: “Se il Congresso non riuscisse ad aumentare il limite del debito – sostiene la Yellen – danneggerebbe la nostra posizione di leadership globale e solleverebbe interrogativi sulla nostra capacità di difendere i nostri interessi e la sicurezza nazionale”.

La Segretaria al tesoro guarda lo scenario in termini di sicurezza nazionale ma la scriteriata condotta americana potrebbe trascinare nel disastro finanziario il mondo oltre gravissime ingerenze militari nell’ area est europea tutte a spese nostre.