TURCHIA AL BALLOTTAGGIO, ERDOGAN IN TESTA, CACCIA AI VOTI DEGLI ULTRANAZIONALISTI DI OGAN

DI PIERO ORTECA

REDAZIONE

 

 

Non ha vinto nessuno dei due. Presidenziali turche al ballottaggio, il 28 maggio prossimo. Dati finali: Erdoğan 49.35, Kılıçdaroğlu 45.00, Oğan 5.22. Diventano decisivi i voti andati a Sinan Ogan, destra anti migranti siriani. L’Akp di Erdogan si è anche assicurato, con l’appoggio del partito nazionalista Mhp, la maggioranza nel prossimo Parlamento.

Ballottaggio e incertezza assoluta

Sintesi brutale: i due veri candidati fuori dalla porta presidenziale del 50 per cento più un voto, e ‘vince politicamente’ il terzo incomodo, Sinan Ogan, che farà decidere ai suoi elettori chi sarà il futuro presidente. Quel 5,22 per cento, 2 milioni e 800 mila voti, che diventano decisivi. E qui cominciano i grossi problemi politici non solo turchi. Ogan sembra uscito da una saga di Tolkien: nome, storia e leggende ne fanno un personaggio da prendere con le molle. Si definisce un ‘kemalista di destra’, laico quanto basta, ma non vorremmo avesse altre religioni. Andiamo a scoprirlo.

Chi è Sinan Ogan

Sinan Ogan è di origini azere, vede gli armeni come fumo agli occhi, ha studiato a Mosca (parla russo), conosce Putin “e vuole risolvere il problema dei profughi siriani”, che a milioni si sono rifugiati in Turchia. Ha una base elettorale di acciaio inossidabile, 5,22 ufficiale. E potrebbe far vincere chi se lo sceglie per parente. Con qualche grosso problema per chi se lo prendesse in casa, in una affiliazione ufficiale.

“Turksam org”

Ogan dirige un think tank di studi strategici, con un bel sito internet. Si chiama ‘Turksam org’, solo che non si capisce bene da qualche parte stia. In uno dei report del suo pensatoio, dedicato all’invasione russa dell’Ucraina, viene approfondito il tema della disinformazione e viene citato un personaggio da brividi, che dice: «La propaganda non serve a essere intelligenti, ma serve a vincere». Firmato Joseph Goebbels.

La partita politica da qui al 28 maggio

I partiti fanno sempre più fatica a interpretare i bisogni dei cittadini e le rappresentanze politiche rispecchiano a fatica il ‘melting pot’ di etnie, culture, religioni, laicità, modernismo e tradizioni. Una molteplicità di aspetti che, nei periodi di crisi, fa apparire la società turca frammentata oltremisura. A spiegare in buona parte come Erdogan abbia potuto imporre il suo potere prepotente, ma anche spiccio e furbo. Premessa necessaria, per far capire che l’unica cosa sulla quale concorda l’opposizione, forse anche quella poco frequentabile di Organ, è di portare il Paese oltre Erdogan. Per poi ripartire da zero. In tutti i sensi.

Puzzle democrazia difficile da ricomporre

I sei partiti della coalizione di Kemal Kiliçdaroglu hanno la lodevole intenzione di ristabilire quel clima democratico che Erdogan aveva semidistrutto, dai diritti civili, all’indipendenza della magistratura, dal rispetto per gli avversari politici alla tutela delle minoranze, e via di questo passo. Ma le strategie proposte (e i programmi) sono un tantino diversi. Il Presidente candidato, Kemal Kilicdaroglu, è una figura di compromesso, scelto perché non fa ombra a nessuno dei ‘vip’ degli altri partiti.

Mediazioni e compromessi

In un’intervista al Financial Times, Berki Esen, autorevole componente del CHP, il Partito Popolare di Kilicdaroglu, lo giudica “una persona mite, un bravo funzionario statale”, facendo capire che forse il carisma non è la sua principale qualità. Tanto è vero che, a marzo, l’Alleanza anti-Erdogan era quasi saltata, e due figure fondamentali, i sindaci di Istanbul e Ankara, avevano rifiutato di parteciparvi.

  • Poi hanno ottenuto la promessa del doppio ‘vicepremierato’ (tutto il mondo è paese) e hanno accettato, così Ekrem Imamoglu e Mansur Yavas sono scesi in campo.
  • Ma il vero ‘colpo di teatro’ di Kilicdaroglu (o chi per lui, in casa o all’estero) è stato quello di convincere i curdi a non presentare un loro candidato, e a fare convergere i loro voti sul blocco di opposizione.

Uno sguardo dentro il voto di ieri

La mappa del voto disaggregato mostra tutti i distretti della Turchia orientale e sudorientale colorati in blu, segno che l’opposizione ha fatto il pieno grazie soprattutto all’Alleanza Lavoro e Libertà che rappresenta la minoranza curda. A Van, Dyarbakir, Mardin, Hakkari, per fare un esempio, Kilicdaroglu è stato trascinato proprio da questo martoriato popolo senza patria. Più in generale, per avere un’idea di come si sia suddiviso il voto nazionale su scala territoriale, va sottolineato che, in diverse grandi città, Erdogan è stato sconfitto, specie lungo la linea costiera che dall’Egeo sale fino al Bosforo..

“Sconfitta netta a Istanbul, Adana, Adalia, Smirne e, di poco, anche ad Ankara. Adesso la Turchia dovrà attraversare due settimane di fuoco, prima del ballottaggio”.

 

Articolo di Piero Orteca, dalla redazione di

15 Maggio 2023