LA CACCIA AL “NERO”

DI CLAUDIO KHALED SER

 

Un vento forte ci accompagna oltre frontiera.

Strada pressoché deserta, file di camion militari fermi a lato e posti di blocco ogni kilometro.
Ricordo che tempo fa, per passare ci volevano ore, file di macchine dalla Libia alla Tunisia, cariche di prodotti destinati ai mercati e un flusso di tunisini verso la Cirenaica per acquistare generi a prezzi scontati.
Niente più di tutto questo, la crisi economica dei due Paesi ha cancellato i mercati e rese deserte le strade.
Al Zawiya é una cittadina blindata dopo gli scontri tra manifestanti e l’Esercito, ma soprattutto dopo che si é scatenata la caccia al “nero” che ricorda molto da vicino l’odio razziale tunisino nei confronti del Popolo sub sahariano.
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Distrutti i centri di raccolta profughi ritenuti covi dell’immigrazione clandestina e barricate ancora presenti sulla strada che porta a Tripoli.
Ai confini est della città, l’Esercito é sostituito dalle Milizie locali, ma la presenza di mercenari “neri” tra le loro fila, le rende invise ai cittadini che, poco distante, armati di bastoni e spranghe, controllano la strada e le tengono fuori dal perimetro locale.
I Migranti di colore sono spariti, in fuga verso sud cercano una via d’accesso in Tunisia che non sia controllato, ma i tunisini hanno chiuso ogni varco e presidiano costantemente il territorio.
Sono costretti a rifugiarsi in campagna, cercando di evitare le incursioni dei libici pronti a cacciarli con la violenza.
Incontriamo alcuni gruppi di “neri” che ci avvicinano, rassicurati dai colori della Mezzaluna Rossa.
Ci chiedono aiuto per raggiungere un luogo sicuro.
Ma non c’é nessun posto che li possa far sentire sicuri, la caccia al colore é diffusa in tutta la Regione.
L’unica alternativa é fuggire verso sud, raggiungere il Fezzan, luogo dal quale provengono dopo il loro “clandestino” ingresso in Libia.
Usciamo da Al Zawiya dirigendoci verso Tripoli.
Altri posti di blocco, pseudo soldati che ci fermano infastiditi dalla nostra presenza.
Ci chiedono vodka e sigarette, noi abbiamo solo aspirine, bende e cerotti.
Praticamente ci cacciano indicandoci la strada con la canna del fucile. Tripoli é a soli 40 kilometri, i più lunghi e faticosi di questa prima parte del viaggio.
Alle porte della città si rivede l’Esercito, ci fanno passare velocemente, più che altro per evitare il fastidio di fermarci.
Tripoli ci accoglie senza nessun “welcome”.
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E’ così da quel maledetto giorno che i Paesi Belli incominciarono a bombardare la città per uccidere Gheddafi e distruggere la Libia.
Ci sono riusciti……