NON SI FANNO PRIGIONIERI

DI MARIO PIAZZA

Mario Piazza

 

Dopo tanti anni di passione e attenzione politica ci voleva questo governo per farmi capire una cosa di cui non mi ero mai reso conto.
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Ho sempre pensato che in una democrazia, seppur zoppicante come la nostra, esistessero dei contrappesi a fare da argine allo strapotere di chi vince le elezioni. Mi riferisco non solo al Presidente della Repubblica e alla Corte Costituzionale ma anche al complesso sistema delle nomine e della loro durata che in ogni ganglio dello stato, del parastato, delle aziende partecipate e degli enti dovrebbero garantire una relativa continuità attraverso governi di segno diverso.
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Mi sbagliavo. I cosiddetti assalti alla diligenza che hanno seguito ogni elezione politica non erano calmierati dal sistema ma soltanto da quel minimo di decenza e dal rispetto delle consuetudini che persino i presidenti del consiglio più famelici e disinvolti, penso a Berlusconi e a Renzi, non hanno potuto ignorare.
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Con questo governo abbiamo voltato pagina. Il quasi caricaturale assalto alla diligenza si è trasformato nello svergognato urlo di battaglia “Non si fanno prigionieri!”. Stiamo assistendo all’occupazione paramilitare di ogni forma di potere, poltrone importanti come RAI, Inail, Enel, Inps e Poste ma anche piccoli sgabelli di legno come quello di responsabile della comunicazione della regione Lazio consegnato per 110.000 euro annui a tale Marcello De Angelis, ex direttore del Secolo d’Italia condannato per associazione sovversiva quale attivista di Terza Posizione.
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E’ caduta qualsiasi remora, evaporata ogni decenza. Non solo i nuovi centurioni vengono nominati per decreto ma sempre per decreto si licenziano pure quelli vecchi prima della scadenza del loro mandato. Se tanto mi da tanto riusciranno ad infilare da qualche parte persino gente come Concutelli, Mambro, Fioravanti, Freda e Ventura… Magari soltanto come capi dei vigili urbani di Roccasecca o amministratori di condominio.