VENTICINQUE APRILE

DI MARIO PIAZZA

Mario Piazza

 

Ormai siamo in molti a ritenere che le quotidiane picconate alla Costituzione e ai diritti sociali e civili e gli altrettanto quotidiani attacchi alla libertà della magistratura e dell’informazione stiano portando il paese verso un’area grigia che di democratico conserverà soltanto la facciata.
Lo abbiamo capito in molti mentre molti altri, e tra essi includo tristemente il garante supremo della Costituzione antifascista, per prenderne coscienza sembra stiano ingenuamente aspettando di rivedere il macchiettistico apparato fatto di fez e stivaloni, di moschetto e olio di ricino, di balconi fatali e di adunate oceaniche, di saluti romani e di “Eia eia alalà”.
Il totalitarismo del terzo millennio non sarà così.
Quella era roba per contadini ignoranti che comunicavano con lettere e francobolli, che temevano e allo stesso tempo adoravano i re e gli imperatori, che di economia conoscevano soltanto quella domestica, che esorcizzavano gli equilibri internazionali con le parate militari e con l’autarchia.
A costoro, esclusa quella minoranza che applaude vedendo nel totalitarismo un’occasione di prosperità personale, il campanello d’allarme suonerà con troppo ritardo.
Questi “molti altri” se ne accorgeranno quando il loro posto di lavoro andrà in fumo, quando non potranno più curare i malati delle loro famiglie, quando chi doveva garantire la loro sicurezza tornerà a fare paura, quando i diritti violati saranno proprio i loro e non quelli del vucumprà o del femminiello.
Chissà, forse il Garante della Costituzione antifascista se ne accorgerà quando uscendo dal Quirinale non troverà più gli scintillanti corazzieri che lo salutano.
Nel frattempo e finché è ancora possibile ve lo auguro di tutto cuore: Buona Festa della Liberazione.