AUTONOMIA DIFFERENZIATA, IL NORD SI ARRICCHISCE A SPESE DEL SUD

DI RAFFAELE VESCERA

 

Una misura che penalizza fortemente il Sud e i territori più deboli, legalizzando e aggravando la disparità di trattamento dei cittadini che riceveranno un trattamento “differenziato”, a seconda del loro luogo di residenza.

I cittadini che abitano nei territori più ricchi avranno diritto a maggiori servizi nel campo dei trasporti, della sanità, dell’istruzione, dell’occupazione, etc. Quelli dei territori più poveri ne avranno diritto a meno, come dopotutto avviene da sempre in questa Italia duale in cui il Mezzogiorno, secondo Gaetano Salvemini e altri grandi del passato e del presente, funge da “colonia interna” cui rapinare a basso prezzo risorse naturali e umane da esportare per lo sviluppo delle regioni settentrionali.
Dopotutto, i numeri di tale differenza parlano chiaro, secondo le stime dello Svimez e di altri istituti di ricerca, per un cittadino meridionale lo Stato spende in infrastrutture e servizi 3.500 Euro in meno che per uno del Nord, per un totale di 70 miliardi l’anno sottratti al Mezzogiorno. Sottrazione che determina per il Sud una condizione di povertà pari ai Paesi più deboli dell’area Euro, quali Grecia e Portogallo.
I numeri del divario Nord-Sud sono spaventosi.
Al Pil pro capite del Nord di 33mila Euro l’anno, ne corrisponde al Sud uno di 18,500, circa la metà, con una disoccupazione giovanile pari al doppio del Nord, che si traduce in un’emigrazione di centomila giovani l’anno. Divario esteso al campo dell’istruzione, della sanità, delle reti infrastrutturali dei trasporti e in altri settori, come da tabella qui riportata.
Contro questa legge, definita dall’economista Gianfranco Viesti sciagurata secessione dei ricchi, sono state organizzate iniziative d’ogni genere, non solo dai movimenti meridionalisti ma anche dai sindacati e dai sindaci del Sud, riuniti nella rete “Recovery Sud” che il 19 marzo, a Napoli, ha organizzato una manifestazione cui, oltre vari movimenti e associazioni, hanno partecipato centinaia di sindaci meridionali, compresi quello di Napoli e di Bari, le due maggiori città del Sud continentale.
Proteste cui il governo resta sordo, avendo affidato la sua fattibilità al ministro leghista Calderoli, che a sua volta ha nominato una cabina di regia per accelerare la procedura.
Già, il ministro Calderoli, appartenente a quella Lega che lanciò la secessione del Nord, ora attuata in maniera soft con una formale unità del Paese in cui però le regioni più ricche del Nord, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, le stesse che chiedono a gran voce l’autonomia regionale, vedranno riconoscersi la possibilità di gestire in autonomia fino a 23 materie, persino nell’istruzione, con programma di studi e stipendi differenziati rispetto al Sud. Non dimentichiamo che Veneto e Lombardia hanno chiesto di trattenere nelle casse regionali il 90% delle tasse dovute allo Stato dai loro cittadini. Così negando di fatto l’equità di trattamento con i cittadini delle regioni meno ricche che, in virtù del loro reddito ridotto, versano meno tasse. È come se gli abitanti di un quartiere ricco di una città, ad esempio i Parioli di Roma, in virtù dei loro maggiori versamenti fiscali, chiedessero migliori condizioni di trattamento rispetto agli abitanti dei quartieri periferici meno ricchi. Così contraddicendo l’articolo 3 della Costituzione che definisce uguali diritti per tutti i cittadini italiani.
Vero è che la legge Calderoli, con un colpo di mano sottratta alla verifica del Parlamento, parla di definire i “livelli essenziali di prestazioni”, uguali per tutti i territori, ovvero i LEP, ma è pur vero che tali livelli essenziali, in attesa di essere definiti da oltre vent’anni, anche se lo fossero, resterebbero sulla carta, puro fumo negli occhi, poiché per finanziarli occorrono allo Stato un centinaio di miliardi di Euro che non ci sono.
Un centinaio di miliardi pari a quello dovuto al Sud dei fondi europei del PNRR, stanziati dall’Europa per risanare i divari esistenti, ma di fatto negato al Sud in virtù di una procedura che obbliga i comuni ad elaborare progetti finanziabili, trascurando il fatto che i comuni del Sud, con minore entrate e capacità di spesa di quelli del Nord, per via del basso Pil pro-capite degli abitanti e di minori versamenti statali, dispongono di un personale tecnico dimezzato rispetto a quelli del Nord che, anche in questo campo, faranno la parte dei leoni.
Di tutto ciò si parlerà nel convegno del 3 aprile a Foggia, alle ore 16,30 presso la camera del lavoro, organizzato dalla Federazione lavoratori della conoscenza della CGIL, dall’associazione Proteo e dalla rete meridionalista Carta di Venosa, cui, insieme al segretario generale della Camera del Lavoro, Maurizio Carmeno e al segretario della FLC Angelo Basta, interverranno Adriano Giannola, presidente dello Svimez, Istituto per lo sviluppo del Mezzogiorno, e il costituzionalista Massimo Villone, presidente del coordinamento per la democrazia costituzionale, promotore di una raccolta firme di una legge di iniziativa popolare che blocchi l’autonomia regionale differenziata. Incontro di alto livello alla luce delle grandi personalità che interverranno.