DI DARWIN PASTORIN
Siete sorelle e fratelli, corpi restituiti dalle onde, in un urlo disperato, in un nome di bambino a spezzare il pianto, la madre scomparsa in quel mare di dolore, cimitero delle nostre colpe e della nostra indifferenza, non servono parole, tacete, vi prego, popolo di sordi e di vuoti a rendere, a piangere quelle bare solo un uomo generoso e stanco, a capo chino, custode della nostra Costituzione, di una popolo risorto dall’infamia e dal disonore e, ormai, senza memoria.
Non possiamo più dirci indifferenti, ma solo colpevoli. In quel mare è naufragata anche la nostra ultima e distratta pietà.
Domani tornate nelle vostre case riscaldate ad accarezzare i vostri bambini, a prenotare il ristorante di moda, ad acquistare la rivista dove loro, proprio loro, sono tornati insieme e nella copertina sorridono felici. Mentre sulla riva un bimbo ha la bocca piena di sabbia e non respira più. La sua foto fa il giro del mondo tra ragazze che ballano e ragazzi che ridono.
E un Dio di pietà e misericordia rimanda al suo sguardo di stupore. E io, che non sono Dio, non perdonerò. Mai.
E pagherò, giustamente, per le mie responsabilità. Per i miei silenzi.