SILENZIO IMBARAZZANTE DI GOVERNO E MEDIA SUI GIORNALISTI ITALIANI BLOCCATI A KIEV

DA REDAZIONE

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Ore di diretta tv sulla guerra in Ucraina, tutti i giorni, e non una parola su Sceresini e Bosco i due giornalisti italiani bloccati a Kiev dai servizi segreti. I media e il governo battono ogni record di ipocrisia.

Giornalisti italiani bloccati a Kiev, perchè nessuno ne parla?

Si è alzato il muro del silenzio sulla bruttissima vicenda dei cronisti italiani Andrea Sceresini e Alfredo Bosco, bloccati a Kiev e del collega Salvatore Garzillo respinto alla frontiera. Le accuse rivolte ai giornalisti italiani sono inaccettabili, come hanno denunciato la FNSI e l’Ordine dei Giornalisti.

Lo SBU, i servizi segreti ucraini, li tengono bloccato a Kiev in attesa di essere interrogati, con l’accusa di essere “filo-russi”. Un atto che mette a repentaglio la sicurezza dei reporter oltre all’impossibilità di lavorare.

Ma l’interrogatorio ancora non è avvenuto e, dopo dieci giorni di riserbo, i due giornalisti hanno rotto il silenzio e denunciato la loro situazione.

Sceresini e Bosco sono bloccati dal 6 febbraio in attesa di vedere sbloccata la loro situazione con i servizi di sicurezza, dopo che il Ministero della Difesa ucraino ha sospeso i loro accrediti stampa, regolarmente concessi un anno prima. Un terzo giornalista italiano, Salvatore Garzillo, è stato respinto al confine mentre entrava nel Paese dalla Polonia.

I principali telegiornali hanno oscurato la notizia, pur essendo proprio i giornalisti free lance colpiti dalla censura di Kiev, autori di reportage utilizzati spesso proprio per la Rai, oltre che per altre importanti testate della carta stampata.

Tra l’altro, come segnalato dal giornalista Alberto Negri, la Rai sabato ha mandato persino un servizio di Sceresini senza neppure citarlo.

Il governo italiano ha il dovere di esigere che i giornalisti possano fare il proprio lavoro per informare l’opinione pubblica sul conflitto. La vicenda dei nostri giornalisti si inserisce in un quadro ben più grave e di lunga data di repressione delle opposizioni e delle stesse libertà di stampa ed espressione che contrasta con l’immagine democratica che la propaganda occidentale ha dato dell’Ucraina.

Prima dell’invasione russa, quando ancora se ne poteva parlare, l’Ucraina occupava il 101° posto nella classifica mondiale sul tasso di tutela dell’informazione.

Kiev compete da anni proprio con Russia e Turchia per numero di cause pendenti presso la Corte Europea dei Diritti Umani.

E non bisogna dimenticare l’omicidio nel 2014 ad opera dell’esercito (come recita la sentenza della magistratura) del fotoreporter Andrea Rocchelli, impegnato a documentare la guerra del Donbass.

Ha scritto sempre Alberto Negri su Facebook:

“Questa non è censura Ucraina ma la nostra autocensura. Quanto a me che di guerre ne ho fatto una ventina non sono affatto sorpreso: è dall’inizio del conflitto che gli ucraini non vogliono giornalisti che siano stati in Donbass anche anni fa prima del conflitto maggiore, esistono anche black list informali di quelli non graditi come dicono tutti i colleghi che lavorano da quelle parti. Tanto è vero che la maggior parte dei giornalisti italiani e internazionali che sono stati anche in Donbass evitano di andare a Kiev per non avere fastidi. Seguo da dentro le vicende di Sceresini e Bosco e anche i tentativi per tirarli fuori che spero abbiano presto successo: i loro servizi non erano per niente filo-russi tanto è vero che li ha mandati in onda anche la Rai (oltre a Sette, Mediaset), tacendo però sull’intera vicenda.”

 

Articolo by Marquez dalla redazione di

23 Febbraio 2023