LA SCUOLA COME AVANPOSTO DI LIBERTA’

DI ANTONIO CIPRIANI

REDAZIONE

 

 

Non sentite che aria c’è lì fuori? Brutta brutta, soffia forte sulle ali mediatiche, in un misto di indifferenza nei confronti della sofferenza del prossimo, di obbedienza acritica senza più pensieri da esprimere con le giuste parole, di incapacità di cogliere ciò che è realtà. La realtà, non la farneticazione virtuale che ci impegna allo spasimo nel rincorrere inutilità. Mentre fuori l’ingiustizia prende forma definitiva. Indiscutibile, sotto ogni forma: suadente, democratica, bellica, repressiva.

Gli aspetti sconosciuti

Eppure appena si esce dalla porta delle inutilità che si fanno informazione, politica e cultura mediatica, esiste la vita. Ed è bella, forte, tenace. La vita, con le sue contraddizioni, con il dolore, l’ansia, la sofferenza, la gioia, la gentilezza, il desiderio. Basta alzarsi da davanti al pc, dal divanetto della tv, per cogliere aspetti sconosciuti. Domande, incertezze, al posto di risposte incellofanate da sicurezze assolute che ci rendono schiavi.

La scuola delle persone normali

Basta una deriva psicogeografica, con cuore puro e sguardo senza schermi piatti davanti agli occhi, per scoprire che c’è di più, che non siamo soli, che ci sono giovani, ragazzi, madri, insegnanti, lavoratori, esseri umani che non somigliano per niente alla bruttezza che ci mostrano costantemente, a costruire una mentalità abbrutita.
Basta uscire da casa, dai quartieri, dalle città, dalla velocità dell’apericena, dal niente sotto vuoto spinto, per riscoprire l’orizzonte, le distanze, la lentezza, il lavoro delle mani, la passione, la pazienza, il coraggio.
Basta entrare in una scuola. Avete presente una scuola? Quel luogo fuori moda dove i nostri figli passano ore e ore, spesso in ambienti malsani, poco adatti, come se l’educazione pubblica fosse una sfida al ribasso. E lo è. Perché nell’insieme terribile delle privatizzazioni, della modernità a dipingere di cuoricini scintillanti per nascondere ferocia, squilibri sociali mascherati da meritocrazia applicata, la scuola, il futuro dei nostri figli è all’ultimo posto. Ovviamente la scuola pubblica. Quella che frequentano le persone normali.

La speranza

Eppure in queste scuole talvolta drammatiche e insicure, altre volte semplici e gentili, c’è la vita. C’è la speranza. Anche quando sembra che tutto sia sul punto di collassare, che non ci sia più niente da fare, dentro quelle aule ci sono donne e uomini che si battono per un mondo migliore. Dentro quei corridoi, tra mille contraddizioni, talvolta nel dileggio, c’è un lavoro sociale, educativo e culturale potente, talvolta unico, nel tentare di far divenire l’individuo elemento attivo della società.

Avamposto d’esperienze e di valori

Per questo è così maltrattata, resa invivibile da politiche che cianciano meritocrazia e vedono classismo. Perché la scuola, nonostante tutto, resta oggi l’unico avamposto in cui i nostri figli possono fare esperienze culturali attive, creative, giocose, sociali. Dove possono imparare la convivenza civile, l’uguaglianza, parole di pace e non di odio, rispetto delle differenze e non razzismo, amore per l’ambiente e non devastazione.
Vien da pensare che quasi non sembra richiesto, eppure così è.

Per un mondo migliore

Sarebbe bello ce ne rendessimo conto. Sarebbe bello dare tutto il nostro contributo alle politiche inclusive, educative e sociali delle scuole del nostro territorio. Nei luoghi dove conoscenza e coscienza si formano. Per un mondo migliore.

Prima che il vento tragico mediatico spezzi le ali ai nostri bambini, mettendoli in un processo di formazione di professioni passive, riducendone simbolicamente spazi di libertà fino a costringere loro e le loro famiglie a pensare alla scuola come a un insieme di regole inutili da ignorare, in una ribellione del grugnito al posto dell’etica del discorso, quindi del sapore dolce e potente del pensiero che si fa libertà.

 

Articolo di Antonio Cipriani, dalla redazione di

19 Febbraio 2023

 

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ANTONIO CIPRIANI

Giornalista con una vocazione per il lato oscuro delle storie ufficiali, dopo una lunga esperienza all’Unità ha studiato e realizzato progetti editoriali che avessero al centro la democrazia dell’informazione. Ha partecipato alla costruzione di E Polis, di DNews e di Globalist syndication. Stagione professionale chiusa, si sta dedicando a nuovi idee. Dopo aver contribuito all’invenzione del progetto editoriale-artistico Emergenze, il cui collettivo ha dato vita all’Edicola 518, ha realizzato la rivista artistica e rurale Magnifica Terra e ha fondato Vald’O, la vineria letteraria a San Quirico d’Orcia. Crede nel giornalismo di strada e nei progetti territoriali, culturali, artistici e narrativi, soprattutto con giovanissimi e pensionati.