PUTIN COLPIRA’ PRESTO IL “VENTRE DI FUOCO” DEL DONBASS

DI PIERO ORTECA

REDAZIONE

 

 

Il ministro della Difesa ucraino rimosso, e la smentita di Zelensky che di fatto conferma la feroce partita politica interna. Episodi clamorosi di corruzione sulla pelle del loro stesso Paese sfuggiti al controllo del ministro della Difesa, la versione semiufficiale. Mentre lui, Oleksii Reznikov (o chi per lui), scrive su twitter che è arrivato a Kiev il ‘primo carrarmato tedesco Leopard 2. «La coalizione dei tank è in marcia… verso la vittoria».

Ma sul campo di battaglia le cose sembrano andare diversamente, con la disinformazione arma di sempre, come ci svela Piero Orteca

Il “ventre di fuoco” del Donbass

Il “ventre di fuoco” la regione centrale strategica del Donbass, che va da Lytman a Bakhmut, passando per Slovyansk e Soledar. Chi controlla quest’area, in pratica, riesce a legare, più agevolmente, i due vertici della mezzaluna, che da nord scende fino alla Crimea. Ed è per questo che i combattimenti tra russi e ucraini, già da qualche settimana, si sono concentrati proprio in un tale fazzoletto di chilometri. Dove i morti si contano a migliaia, perché più strette è la linea del fronte, più alta è la concentrazione del volume di fuoco e, come conseguenza, maggiormente devastante diventa il pedaggio di vite umane che va pagato alla guerra.

L’allarme di Kiev e i dubbi britannici

Probabilmente, a partire da questa regione, prima della fine del mese, si dovrebbe sviluppare una potente offensiva dell’esercito di Putin. Lo va ripetendo da tempo lo Stato maggiore ucraino e lo ribadiscono fonti dei servizi segreti occidentali. Anche se, proprio ieri, il Ministero della Difesa britannico, ha fatto trapelare delle valutazioni che ridimensionano l’allarme lanciato da Kiev. In sostanza, dicono a Londra, i russi non hanno uomini a sufficienza da lanciare nella mischia e, soprattutto, sembrerebbero a corto di armi e munizioni. Ma il governatore ucraino dell’oblast di Luhansk, Serhiy Haidai, ha affermato che la Russia continua a rafforzare la sua capacità offensiva e a spostare truppe in prima linea.

Secondo gli analisti, l’offensiva è stata preparata ritirando molte unità da aree ritenute strategicamente meno importanti, per poi riposizionarle nel cuore del Donbass. Questo ha dato l’impressione che le forze di Mosca fossero in difficoltà totale.

La verità nel mezzo e il deserto dai tartari

La verità, invece, sta nel mezzo: hanno sottovalutato l’avversario e hanno dovuto riscrivere completamente i piani d’attacco, ridimensionando gli obiettivi. Adesso, tutti sono convinti che Putin voglia puntare a conquistare o a demolire le infrastrutture energetiche, oltre a quelle industriali e trasportistiche dell’Ucraina. Lui pensa che, per l’Occidente, salvare l’Ucraina sarà un ‘affare in perdita’, perché la guerra lascerà un tale deserto dei tartari che, per ricostruire il Paese, ci vorranno trilioni e trilioni di dollari. Anche per questo, Putin ha chiesto al suo Stato maggiore un’infornata di nuove truppe, addestrate nella Russia occidentale e persino in Bielorussia. I contingenti, secondo Haidai, stanno già prendendo posizione, tanto che “dal 15 febbraio in poi ci si può aspettare in qualsiasi momento un attacco dell’esercito di Mosca”, ha detto. Gli ucraini, nel frattempo, hanno riposizionato le loro forze sulla difensiva, in attesa della probabile offensiva nemica.

Armi armi armi, ma forse non basta

Intanto, continuano a moltiplicare i loro appelli a Washington e all’Europa per ottenere, al più presto, oltre ai carri armati, anche caccia da “superiorità aerea”, in particolare gli F-16. Occorre sottolineare che le forze di Zelensky si battono strenuamente e cercano di non cedere di un millimetro. Ma la sensazione è che il tempo non giochi a loro favore, come credevano gli strateghi occidentali fino a qualche mese fa, magari confidando sull’efficacia delle sanzioni economiche inflitte a Mosca.

Confusione ai vertici ucraini

Tra le altre cose, si nota anche una certa confusione nella governance, che desta più di una perplessità. I continui e massicci rimescolamenti al vertice, ordinati da Zelensky per combattere la corruzione, cominciano a lasciare il segno. L’ultima “rimozione” riguarda addirittura il Ministro della Difesa, Oleksiy Reznikov, silurato e destinato a un altro incarico. Anche se resta da vedere, come scrive il Wall Street Journal, l’epilogo di questa storia contorta. In effetti, la campagna di moralizzazione del Presidente ucraino ha già colpito duramente il mese scorso, quando sono stati rimossi numerosi alti funzionari. Nel caso di Reznikov, la faccenda è ancora più delicata, perché ci sono in ballo acquisti fatti per conto dell’esercito che sarebbero stati pagati “fuori misura”.

Armi strapagate rubando dai soldi donati

Si parla di almeno 3,2 milioni di dollari, truffati al bilancio della Difesa, spesi per prodotti pagati da 2 a 3 volte più del necessario. Reznikov non sarebbe personalmente coinvolto, ma in quanto supervisore di ultima istanza, verrebbe considerato “oggettivamente” responsabile. Con l’avvertenza che, anche sulla destituzione del Ministro (non ancora ufficializzata) ci sarebbero divergenze nel blocco di potere ucraino.

Il motivo è semplice: non è un bel biglietto da visita rimuovere un “controllore” che non ha saputo controllare. Specie quando ti arrivano dall’estero miliardi su miliardi di dollari.

 

 

 

Articolo di Piero Orteca, dalla redazione di

8 Febbraio 2023