UN ANNO DI BRUTALE AGGRESSIONE ALL’UCRAINA. CUI PRODEST?

DI VIRGINIA MURRU

 

Il bilancio del primo anno di guerra in Ucraina non è difficile da stilare, bastano le immagini del paese devastato per trarre le dovute conclusioni. Il teatro del conflitto riguarda il solo territorio ucraino, non quello dell’aggressore, in Russia apparentemente la vita scorre su percorsi di quotidiana normalità.

Nessuna infrastruttura è stata colpita dall’esercito ucraino, non un palazzo o un’abitazione civile sono stati presi di mira, e soprattutto nessun civile russo è stato vittima di attacchi missilistici o dell’artiglieria del Paese offeso, l’unico che in definitiva avrebbe potuto giustificare le ritorsioni. Ma così non è stato, gli ucraini non hanno mai sconfinato, si sono limitati a difendersi dai feroci attacchi del gigante. Pagando un prezzo incalcolabile in termini di vite umane, di civili, non semplicemente vittime di bombardamenti, ma di aggressioni barbare da parte dei militari russi, che li hanno massacrati introducendosi nelle abitazioni, torturandoli e violentando donne e bambini, per poi finirli in modo indicibile.

E’ di questi giorni l’ennesima intimidazione da parte del vicepresidente del Consiglio di sicurezza della Federazione russa, Dmitrij Anatol’evič Medvedev, il quale, con la consueta tracotanza, ha voluto trasmettere un messaggio di palese minaccia all’Occidente: “Useremo armi nucleari se Kiev osa attaccare il territorio russo..” Ovvero: ‘noi possiamo calpestare e devastare a piacimento l’Ucraina, ma non un centimetro della Russia deve essere violato, altrimenti scateneremo un conflitto nucleare’. Sottendendo che si metterà alla berlina la sicurezza dell’intero pianeta, ché di questo si tratterebbe, dato che l’Occidente, legittimamente, non starebbe a guardare.

E questo i russi lo sanno bene, sanno cosa a sua volta rischierebbero qualora azzardassero scelte estreme, conoscendone le conseguenze. Nella sua supponenza, mister Putin, è comunque consapevole che se lui è sveglio gli altri non dormono.

Le continue intimidazioni da parte delle personalità più autorevoli dell’entourage di Mosca, creano certamente un clima di destabilizzazione sul piano geopolitico, e tali minacce arrivano come un deprecabile tam tam in ogni angolo del mondo. E’ terrorismo psicologico, che devasta la serenità delle persone, e si aggiunge allo scempio perpetrato con l’uso delle armi nel Paese colpito.

Riflettere alla logica di questa perversione mentale crea un senso di smarrimento, ci si chiede che fine abbia fatto la ragione, assolutamente dispersa nel girone infernale di pensieri che si allontanano sempre più dalla realtà ed equilibrio dei fatti, per deragliare e finire in una deriva di controsenso, che non sembra più provenire da mente umana.

Sono conclusioni che non vogliono creare esaltazione, perché è vero che ogni conflitto ha nel suo epicentro un coacervo di responsabilità e nonsenso – basterebbe pensare al Nazismo e alle sue conseguenze – ma il Cremlino sotto certi aspetti è andato anche oltre, da un anno a questa parte.

Basterebbe riflettere al clima di intimidazione e terrore, all’aggressione senza tregua e alla repressione che nella stessa Russia è stata messa in atto ai danni della popolazione. Un pugno di politici stanno in definitiva mettendo sotto scacco il mondo, perfino il loro stesso paese. E’ in questo versante che il regime del Cremlino è andato anche oltre la repressione del Nazismo verso la propria gente.  

Delirio. Ahh no? Che senso si può dare ad una delle ultime dichiarazioni di Medvedev:

“La prospettiva del completo fallimento dello Stato ucraino e della sua inevitabile fine e’ chiaramente visibile e l’Occidente assistera’ silenziosamente alla “morte” dell’Ucraina. Il fallimento dello Stato ucraino e la sua fine inevitabile, sta diventando sempre piu’ chiaramente visibile.  L’Occidente resterà a guardare in silenzio. La fine della vita o la morte dell’ex Stato sara’ accompagnata da risate folli e buffonate da clown della banda nazista, e il silenzio mortale dei ‘medici’ occidentali, che con freddo disprezzo guarderanno l’agonia del proprio paziente torturato”.

Non è uno scherzo.

Al Cremlino non riguarda l’idea che l’aggressione sempre più feroce sia inaccettabile e ingiusta, un crimine che si perpetua ogni giorno, e che la Storia condannerà senza scampo. L’entourage politico di Mosca non se ne cura.  Sono solo ossessionati all’idea di perdere questo assurdo conflitto, perché non potranno giustificarsi davanti al popolo russo, non potranno reggere lo sguardo accusatorio di migliaia di madri che hanno perso i loro figli, solo perché da qualche anno si sono risvegliate le mire imperialistiche del vecchio regime. E ora, davanti alla platea internazionale che sta giudicando questo operato, non possono accettare di presentarsi da perdenti.

Le strategie militari sul campo sono accompagnate ogni giorno da una propaganda che si fonda su armi psicologiche altrettanto deprecabili. Il tenore delle dichiarazioni, oltre che essere palesemente intimidatorio, è basato sul finissimo intento di manipolare la mente della gente. Basterebbe leggere tra le righe i messaggi che veicolano queste affermazioni per comprendere che le parole sono diventate un espediente violento, volto ad indurre chi riflette ad avvicinare la ragione ai loro falsi convincimenti.

La Nato non ha mai minacciato aggressioni prive di senso allo Stato russo, non ha mai intimidito, nemmeno oggi sotto la pressione delle continue minacce, di scatenare i propri arsenali nucleari contro la Russia.

Ma si assiste da parte dei personaggi politici più autorevoli del Cremlino ad accuse prive di fondamento: e torniamo nel campo minato della strategia psicologica rivolta alle masse, al fine di persuadere che Mosca ha agito “per reazione” alle supposte (false) istigazioni dell’Occidente, e non di libero arbitrio. Le menzogne hanno bersagli mirati, e vengono dirette come armi di precisione verso la gente comune, che alla fine viene disorientata, fino a perdere il senso obiettivo del ragionamento. Questo modo di agire fa parte della strategia violenta, ossia imporre la propria determinazione e i disvalori che ne sono alla base.

Come si spiega altrimenti che, mentre l’esercito russo compie i più feroci crimini sul campo (tutti fatti acquisiti da chi intende portare in una Corte penale internazionale i responsabili), accusino la Nazione aggredita di nazismo? Sono dichiarazioni deliranti, accompagnate da continue minacce di ricorso ad ordigni nucleari, e un programma basato sul terrore, non solo verso il presidente ucraino Zelensky, ma anche nei confronti della Nato, e Usa in particolare, che hanno il torto di aiutare l’esercito ucraino a difendersi. Mentre un’intera nazione è stata devastata, con il solo intento di piegarla e farne territorio di Mosca.

Lo ripetono continuamente i politici del Cremlino: ‘L’Ucraina scomparirà perché vinceremo la guerra, è solo questione di pochi mesi..’

Joseph Goebbels, il ministro della propaganda nazista, affermava: “Se dici una menzogna enorme e continui a ripeterla, prima o poi il popolo ci crederà. Diventa così di vitale importanza per lo Stato usare tutto il suo potere per reprimere il dissenso, perché la verità è il nemico mortale della menzogna e, di conseguenza, la verità è il più grande nemico dello Stato..”

 Qualora si volesse mettere in dubbio l’autenticità delle parole Goebbels, restano i fatti e le azioni del ministro nazista a dare loro consistenza. E’ stata esattamente questa la linea politica della propaganda russa: nascondere la verità al popolo.

Il negazionismo sulla terribile verità dei fatti in Ucraina, documentati e presenti ogni giorno tra le pagine della stampa, è qualcosa che non si può comprendere. A Mosca non ignorano queste falde di pensiero sommerso che convergono in una risorgente del regime, e ingrossano le acque melmose di un operato che è già Storia, e che non si potrà manovrare a piacimento. Che si sappia, che ne siano davvero consapevoli: non sarà la violenza e il crimine sul campo di battaglia, e perfino una vittoria ottenuta con fiumi di sangue, a cambiare la Verità autentica di questo deragliamento nella colpa.

Sono purtroppo tanti ancora in Europa quelli che tentano di difendere le assurde ragioni del regime di Mosca: com’è possibile, dopo un anno in cui la Russia ha scatenato l’inferno contro una Nazione democratica e sovrana, col dichiarato intento di annettersi il suo territorio? Non si può davvero spiegare, il mondo sta giudicando allora da un ripostiglio della mente, le cui valutazioni finiscono come il teatro dell’assurdo di Samuel Beckett. Sconfinano nella follia pura. Ma dove si sta dirigendo il mondo, qual è la traiettoria di questa nuova ellissi, che conduce verso un’incognita insidiosa di rivolgimenti?

Certamente gli ucraini si saranno difesi, e avranno commesso degli errori, per esempio durante gli interrogatori dei prigionieri. Ma sono le medesime colpe dell’esercito russo, si possono anche solo avvicinare a quei crimini? E i ruoli sono forse gli stessi, qual è la Nazione messa al sacco, alla quale è stato negato anche il diritto alla sussistenza? Beh, allora, gli alleati che hanno difeso l’Europa durante il secondo conflitto mondiale, sicuramente sono da mettere al muro perché hanno dovuto usare mezzi pesanti per liberare il continente dal Nazismo. No, non siamo in una linea simmetrica di ragionamento, sono solo alibi di chi a tutti i costi scambia il falso col vero.

E’ esattamente quello che sta accadendo in Russia, per reprimere il dissenso si forza la gente a non utilizzare parole che definiscano propriamente la realtà dei fatti, ma eufemismi, quali ad esempio ‘operazione speciale’, anziché guerra. E intanto il popolo viene tenuto in una morsa di paura e intimidazione, basta una parola ‘sbagliata’ sul regime per finire in galera, e se il dissenso continua si rischia di tutto.

I dissidenti sono stati e sono perseguiti, non di rado fatti fuori, a volte perfino tramite veleni, al fine di evitare qualsiasi responsabilità, e un margine di oscurità tale da rigettare qualsiasi accusa. Quante persone sono passate sotto questi cingoli violenti? Non si contano più, non esiste più traccia di libertà d’espressione, la stampa poi è stata la prima vittima di una dittatura che ha represso ogni insidia rappresentata da pensiero e coscienza liberi.

Intanto, l’establishment politico continua ad esprimersi con parole che ogni giorno invertono i ruoli davanti alla responsabilità di un simile infernale agire, così che davanti al mondo la Nazione aggredita brutalmente diventi l’aggressore, mentre gli aggressori si presentano quali vittime della ‘congiuntura’.

Quale senso dare alle dichiarazioni del leader del Cremlino, nel corso delle commemorazioni per l’ottantesimo anniversario della vittoria russa sui nazisti, del medesimo tenore di tante altre:

“La Russia è nuovamente minacciata dai carri armati tedeschi. Ci sono tentativi di spingere l’Europa, Germania compresa, alla guerra con Mosca. Ma abbiamo i mezzi per difenderci da chi ci minaccia.”

Chi ha scatenato questo orrore, e persevera nell’aggressione violenta verso un popolo di civili inermi?

Nell’inquietante gioco degli assurdi, intanto, 20mila militari russi hanno perso la vita in battaglia, questo è il peso in bilancia che il Cremlino intende pareggiare. Un’infima partita con l’Occidente che mira ad allungare la lista nera delle vittime, non solo ucraine, ma anche russe.

Cui prodest?