“LO STATO NON FA PATTI CON CHI MINACCIA”

DI MARIO PIAZZA

Mario Piazza

 

Ci siamo arrivati in soli 100 giorni.

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Come Luigi XIV con il suo “l’etat c’est moi” o forse imitando il suo amichetto ungherese Giorgia Meloni e il suo sottopanza Piantedosi sono venuti allo scoperto provando ad accaparrarsi anche il potere giudiziario, quello che secondo la Costituzione repubblicana appartiene unicamente alla Magistratura.
E’ disgustoso, ma ancora più disgustosa è la disinvolta sovrapposizione che viene fatta tra le azioni dimostrative per quanto violente esse possano essere, e il terrorismo.
Ci sono due tipi di terrorismo. Quello di chi dichiara guerra allo stato come hanno fatto in anni lontani le brigate rosse e la mafia, e quello della disperazione di chi trova in esso l’unica risposta possibile a massacri criminali come quello perpetrato dagli Israeliani a Jenin.
C’è anche il terrorismo di stato come quello di Piazza Fontana ma il discorso si allargherebbe troppo.
Il terrorismo, lo dice la parola stessa, si propone di diffondere il terrore nella popolazione e lo fa seminando morti a casaccio, più sono e più sono innocenti e più il suo scopo è raggiunto.
Non è terrorismo far esplodere alle 3 di notte ordigni a basso potenziale in un cassonetto di plastica (nessun morto), non è terrorismo lanciare una molotov in un parcheggio vuoto (nessun morto), per quanto orribile non è neppure terrorismo mirare alle gambe invece che al petto o alla testa di un personaggio simbolico. Cosa c’è di più evidente della decisione di non ammazzare nessuno?
Si tratta di azioni dimostrative, criminali quanto vogliamo ma utili solo a richiamare l’attenzione su questo o quel problema e il problema che abbiamo ora è bello grosso: la determinazione del governo di lasciar crepare Alfredo Cospito nella sua camera di tortura al 41bis, uguale a quella di mostri come Toto Riina e Messina Denaro con centinaia di omicidi sulle spalle.
Ancora una volta mi vergogno, come forse si vergognarono gli Inglesi 41 anni fa quando il loro governo lasciò crepare di fame in carcere un ragazzo di 27 anni, si chiamava Bobby Sands.