“IL FUMO DI UN CAMINO”

DI LEONARDO CECCHI

LEONARDO CECCHI

 

Quando Piero arrivò ad Auschwitz lo picchiarono. Poi lo separarono dalla famiglia. Lo spogliarono, gli rasarono la testa e gli diedero un numero. Trovatosi solo, chiese allora ad un altro dei deportati dove fossero finiti i suoi genitori. L’altro lo guardò, allungò il dito e gli disse: “Vedi quel fumo del camino? Sono già usciti da lì”.
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Noi, oggi, non riusciamo neanche ad immaginare cosa possa aver provato un ragazzo di 16 anni di fronte a parole come quelle. Sembra retorico dirlo, ma è vero: per quanto ci sforziamo, è quasi impossibile. Quella sensazione di dolore, terrore e disperazione che ti assale quando qualcuno che ti guarda ti dice non solo che chi amavi è morto. Che non esiste più. Ma che li hanno bruciati. E puoi “vederli” nel fumo di quel camino.
Non possiamo davvero immaginarla.
E se noi oggi abbiamo il “lusso” di non riuscire neanche ad immaginare tutto ciò, lo dobbiamo anche a persone come Piero Terracina, che è deceduto in questo giorno, l’8 dicembre di due anni fa a 91 anni. E’ infatti anche grazie al loro aver tenuto viva la memoria che la società non è di nuovo precipitata in quell’orrore di morte sistematizzata. Di terrore scientifico.
Oggi, oggi che è il giorno della memoria, voglio ricordare quello che accadde a Piero Terracina, come feci un po’ di tempo fa. Perché è dalla memoria di vite come queste che si capisce che cosa accadde e quanto non dobbiamo smettere di ricordare.