BETTINO CRAXI, L’ULTIMO SOCIALISTA EUROPEO CHE CONTINUA A PARLARCI E A INDICARCI LA VIA

DI LUCA BAGATIN

Sono passati 23 anni dalla scomparsa di Bettino Craxi (19 gennaio 2000), ultimo statista italiano degno di questo nome e ultimo socialista europeo.

L’ultimo perché, dalla sua fine politica, avvenuta nel 1993, non abbiamo mai più avuto un Premier degno di questo nome e, in Europa, da allora, il socialismo è scomparso pressoché del tutto (con le rare eccezioni di Jeremy Corbyn e di Jean-Luc Mélenchon).

A proposito della nascente Unione Europea, Bettino Craxi ebbe a dire:

Si presenta l’Europa come una sorta di paradiso terrestre, arriveremo al paradiso terrestre… L’Europa per noi, come ho già avuto modo di dire, per noi nella migliore delle ipotesi sarà un limbo. Nella peggiore delle ipotesi l’Europa sarà un inferno. Quindi bisogna riflettere su ciò che si sta facendo. Perché la cosa più ragionevole di tutte era quello di richiedere e di pretendere, essendo noi un grande Paese – perché se l’Italia ha bisogno dell’Europa l’Europa ha bisogno dell’Italia – pretendere la rinegoziazione dei parametri di Maastricht”. E disse anche: “Dietro la longa manus della cosiddetta globalizzazione si avverte il respiro di nuovi imperialismi, sofisticati e violenti, di natura essenzialmente finanziaria e militare”.

La liquidazione politica di Bettino Craxi, da parte dei poteri forti internazionali, finanziari, ma anche militari e politici, con sede negli USA e nelle stanze di Bruxelles, coincise con la fine politica del Socialismo in Europa.

L’implosione dell’URSS e dei Paesi del Patto di Varsavia, contro la volontà dei rispettivi popoli, ma causate da golpe interni con il contributo esterno; la guerra che distrusse la Jugoslavia socialista; la guerra che distrusse l’Iraq socialista; la guerra che distrusse l’Afghanistan socialista e poi ancora, anni dopo, la guerra che distrusse la Libia socialista (e quella che tentò di distruggere la Siria socialista).

E, ancora, i tentativi di golpe anti-socialisti in America Latina, sempre in agguato in Venezuela e a Cuba, ma che colpirono la Bolivia di Morales e l’Ecuador di Correa e il tentativo di liquidazione per via giudiziaria del socialismo brasiliano di Lula e del peronismo argentino della Kirchner.

Fortunatamente, in Bolivia, Argentina e Brasile, il socialismo è tornato, ma sarebbe lecito chiedersi…per quanto tempo ancora?

In UE, cosiddetti “socialdemocratici” come la Premier finlandese Sanna Marin innalzano muri anti-migranti al confine con la Russia e il già “socialdemocratico” Segretario Generale della NATO Stoltenberg – in gioventù contrario alla guerra in Vietnam – continua a voler inviare più armi a un Paese non NATO come l’Ucraina e a chiedere di aumentare la produzione delle armi, con il beneplacito delle destre e degli pseudo “socialisti” europei.

Un tempo, i socialisti, quelli autentici e originari, si battevano – diversamente – contro ogni arma e contro ogni bomba. Per il pragmatismo e la diplomazia internazionale. In questo senso, Bettino Craxi, nominato peraltro rappresentante del Segretario Generale dell’ONU Javier Pérez de Cuéllar per i problemi dell’indebitamento dei Paesi in via di Sviluppo e successivamente consigliere speciale per lo sviluppo e il consolidamento della pace e sicurezza, fu sempre in prima linea.

Con fermezza, pragmatismo, umanesimo socialista e democratico.

E lo fu persino nel suo esilio di Hammamet, quando, su “L’Avanti” del 18 dicembre 1998, scrisse un editoriale in prima pagina dal titolo “No alle bombe”, invitando ai negoziati fra USA e Iraq (mentre le destre e le sinistre italiane facevano l’opposto).

Bettino Craxi, ancorato alla cultura e tradizione occidentale, ma allo stesso tempo in dialogo con tutti, seppe guardare ai popoli laici e socialisti del Mediterraneo, del Medioriente, dell’America Latina e dell’Est (pensiamo agli ottimi rapporti fra il PSI di Craxi e il Partito Comunista Rumeno di Ceausescu), oltre che dell’Estremo Oriente.

Fu un sostenitore di quel socialismo che sapeva tenere a bada il capitalismo e i poteri forti finanziari, che dalla falsa rivoluzione di Tangentopoli seppero come trarre vantaggio economico, sulle spalle del Paese e di una classe politica dell’unico e solo centro-sinistra che l’Italia abbia mai avuto, che aveva, nel bene o nel male, saputo garantire stabilità e prosperità.

Pur critico con i “comunisti” italiani e ancor più con i postcomunisti che finiranno per approdare al capitalismo assoluto (vedi le successive emanazioni dal PDS al PD a Italia Viva e Azione), lanciò, negli Anni ’90, quell’Unità Socialista che sarà contrastata dal PDS, che gli preferirà Amato, Carlo Azeglio Ciampi e quel Mario Draghi, che già nel 1992 avrebbe voluto la privatizzazione del patrimonio pubblico italiano. Progetto da sempre contrastato da Bettino Craxi.

Da non dimenticare anche la sua visione socialista anticapitalista, che espresse nel 1966, nel suo rapporto ai quadri del partito, contenuta nel volume “Socialismo e realtà” (Sugarco Editore): “Il socialismo mantiene la sua fondamentale ed essenziale natura di movimento anticapitalistico. Esso nasce come reazione umana e razionale nei confronti delle ingiustizie delle ineguaglianze che il nascente capitalismo industriale portava con sé. Le contraddizioni e le crisi della società capitalistica costituirono oggetto delle analisi, della critica penetrante, delle previsioni dei teorici socialisti. I mutamenti intervenuti dopo le due guerre mondiali, la modificazione della natura e delle manifestazioni del capitalismo non hanno mutato la ragione fondamentale della lotta socialista e cioè quella di provocare un superamento del capitalismo con il passaggio ad un ordine economico, sociale e politico più evoluto, che arricchisca le libertà dell’uomo, le sue condizioni di vita materiale e spirituale”.

Craxi sarà – da Presidente del Consiglio – l’amico persino di quel Mario Appignani detto “Cavallo Pazzo”, orfano, figlio di una prostituta, freak, beatnik, indiano metropolitano che primo fra tutti denunciò – per averli subiti sulla sua pelle – gli orfanotrofi “lager” gestiti dall’Opera Nazionale Maternità e Infanzia.

Sarà dunque amico dei potenti, ma anche dei più umili e, soprattutto, sarà amico dei Paesi e dei popoli liberi, dall’America Latina alla Palestina e lo sarà sempre in nome dell’Eroe dei Due Mondi, Giuseppe Garibaldi, di cui fu appassionato collezionista di cimeli.

Bettino Craxi recupererà, nel panorama culturale e politico, figure allora marginalizzate dall’intellighenzia italiana e europea, ovvero l’anarchico conservatore Pierre-Joseph Proudhon e il socialista liberale Carlo Rosselli, unendo aspetti sino allora considerati ossimorici dal sinistrismo borghese imperante che, negli anni successivi alla morte fisica di Craxi, darà vita al partito delle élite antisocialiste, ovvero al PD.

E da non dimenticare come il socialismo di Craxi fosse contrastato dai post fascisti del MSI (poi AN, poi Fratelli Meloni) e dalla Lega (prima Nord e poi non più Nord), per non parlare di Beppe Grillo, oggi partiti sostenitori del capitalismo assoluto e della politica atlantista e filo USA tanto quanto il PD e che, non a caso, lo scorso anno, sostennero tutti assieme il Governo Draghi e ancora oggi ne seguono le linee guida.

In Europa, parimenti, dopo l’esempio del Partito Socialista Italiano di Craxi (il cui simbolo, da Craxi voluto, fu quel Garofano Rosso, simbolo della Comune di Parigi del 1871), nessun partito che si richiamava – a parole – al socialismo, fu più davvero socialista, ma adottò l’ideologia della crescita economica illimitata, delle privatizzazioni selvagge, dell’esportazione della “democrazia”… ma unicamente contro Paesi laici e socialisti quali Iraq, Libia, Siria e Jugoslavia (sic!).

Nel gennaio 2020 uscì, postumo, un interessante romanzo-verità, scritto da Craxi e edito da Mondadori: “Parigi – Hammamet”, che sembra spiegare la triste realtà della nostra epoca.

In quarta di copertina, Craxi, scrisse: “Gli avvenimenti che sto per narrare sono assai singolari. Incredibili per eccesso di credibilità. Rientrano infatti nella categoria degli accadimenti comunemente ritenuti impossibili non perché inimmaginabili, ma proprio per il contrario. Chi non ha immaginato almeno una volta la possibilità che esistesse davvero la “Spectre”? E raffigurandosela, ognuno di noi l’ha disegnata ogni volta sempre più efferata e incontrollabile… Ogni tanto, però, quelle che abbiamo sempre considerato nostre fantasie estreme si rivelano, appunto, drammaticamente reali, come dimostrano gli eventi singolarissimi che mi accingo a raccontare”.

Nel romanzo. Bettino Craxi affida alla finzione letteraria, attraverso un romanzo di fantapolitica, il racconto della triste vicenda politico-giudiziaria che lo vide coinvolto negli ultimi anni della sua vita.

Craxi, affida la narrazione in prima persona al protagonista, Karim, poliziotto italo-tunisino che, con il pretesto di andare a visitare la sorella, invita la sua famiglia in vacanza a Parigi.

In realtà qui si incontra con Ghino, ex Primo Ministro italiano, che a Parigi è in esilio a causa di un complotto politico-mediatico-giudiziario nel quale è stato coinvolto in Italia, al fine di essere liquidato politicamente.

Ma chi e perché ha organizzato tale complotto ai danni del Presidente e del suo partito (che si comprende essere, del resto, il Partito Socialista Italiano)? Perché, nonostante il Presidente Ghino non sia più un uomo influente, a Parigi c’è chi vuole ucciderlo e non esita, per ottenere tale scopo, a fare strage di innocenti?

Karim, amico di vecchia data di Ghino, è a Parigi per scoprirlo e per proteggerlo.

Accanto a loro il fido Nicola, guardia del corpo del Presidente e Ndiezda, componente del servizio segreto russo.

Sarà proprio Nadiezda che, in un dossier, riuscirà a ricostruire l’identità dei mandanti, che, non contenti di aver liquidato il Presidente politicamente, vogliono finirlo anche fisicamente.

Si tratta di una sorta di “Spectre”, ovvero di una potentissima organizzazione segreta transnazionale denominata “Koros”, “Il Mucchio”. Un’organizzazione infiltrata in tutti i centri del potere, finanziata e sostenuta da lobbies finanziarie promotrici della globalizzazione. Un’organizzazione i cui componenti “considerano l’identità e l’unità nazionale come ostacoli al mercato e si comportano come capi di uno Stato sovranazionale” e che utilizzano tecniche “terroristico-eversive”. Un’organizzazione gerarchica e con un intero esercito numeroso a disposizione, senza rapporti ufficiali con gli Stati, ma “non è escluso un coinvolgimento di settori istituzionali degli Stati Uniti e della Germania unificata” e che ha utilizzato la guerra nell’ex Jugoslavia come “il primo test da internazionalizzare”.

Nadiezda, nel suo dossier, rileva come Ghino sia entrato nel mirino di “Koros” già ai tempi del caso Abu Abbas, ovvero ai tempi del suo no agli USA nella consegna di Abbas e il suo sostegno alla causa palestinese. Oltre a questo, il suo essere un “ostacolo al predominio incontrollato delle “grandi famiglie” italiane, agli affiliati della “trilateral”, ai potentati collegati ai gruppi avventuristici della finanza internazionale”. Oltre che, naturalmente, la sua ideologia “neogollista di sinistra”, che voleva un’Europa sovrana, indipendente dai due blocchi e amica del mondo arabo laico e socialista, oltre che alleata al Terzo Mondo.

Nel romanzo, Craxi, fa parlare così i suoi personaggi, rivelando le sue verità, anche nell’ambito della politica internazionale, condendole di una certa dose di finzione narrativa. Verità che sono, del resto, quelle che affidò, nei suoi ultimi anni di vita, alla stampa ed ai volumi che scrisse, nel triste esilio di Hammamet.

In “Parigi – Hammamet”, Ghino, evidente riferimento a “Ghino di Tacco”, personaggio storico nel quale Bettino Craxi non solo si è sempre riconosciuto, ma pseudonimo che utilizzò per firmare i suoi corsivi sull’Avanti, è costretto, con Karim, Nicola e Nadiezda, a lasciare Parigi, ove è braccato da pericolosi sicari, per rifugiarsi nella sua casa delle vacanze, ad Hammamet, in Tunisia.

Terra ospitale e amica, quella tunisina. Terra ove grandi civiltà si sono alternate e merscolate. Terra che ospitò finanche l’esule e barricadero Giuseppe Garibaldi nel 1834 – 1835 ed al quale Craxi dedicò un saggio, nel 1995, “Garibaldi a Tunisi”, appunto.

Ma anche qui, ad Hammamet, ove Ghino sarà pronto a “portare avanti il suo discorso, sparando scomode verità in diverse direzioni”, sarà braccato dai sicari, che tenteranno di ucciderlo, pur senza successo.

Sino a che, a dare una spallata a Koros, sarà il governo della Federazione Russa, d’intesa con le Nazioni Unite, “richiedendo ufficialmente al governo degli Stati Uniti di uscire dalle ambiguità e di perseguire i mandanti della destabilizzazione mondiale”.

E sarà Nadiezda, donna fiera e coraggiosa, e contribuire alla rovina di questa potente organizzazione, pagando con la vita, ma riuscendo a scrivere a Karim e a Ghino, un commovente messaggio di commiato, nel quale dichiara di aver provveduto a “schiacciare alcuni pidocchi di grosso calibro” e che “le false rivoluzioni e la falsa giustizia sono giunte allo stadio finale”.

Bettino Craxi, a 23 anni dalla scomparsa, continua a parlarci, un po’ come egli stesso profetizzò (nel 2016 Mondadori editò “Io parlo e continuerò a parlare”, note e appunti di Craxi sull’Italia, scritti da Hammamet). E lo fa a coloro i quali lo ascoltarono con attenzione e continuano, ancora oggi a farlo, senza alcun pregiudizio e riconoscendone la statura intellettuale e politica.

Craxi rappresenta, inoltre, ancora oggi, quei socialisti senza tessera e senza partito, come chi vi scrive, che, se sono profondamente delusi dalla politica – dal 1993 ad oggi – non hanno comunque mai smesso di analizzarla. Ancorati a quegli ideali di emancipazione e democrazia libertaria che, da Garibaldi a Mazzini, da Bakunin a Proudhon, dai fratelli Rosselli a Camillo Berneri, da Peron a Chavez, sino a a Pertini e a Craxi, appunto, continuano a illuminare menti e cuori, in nome dell’amore, del socialismo e di una libertà e pace possibile e necessaria.

Luca Bagatin

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