FASCISTISSIMO (seconda parte)

DI ALFREDO FACCHINI

Alfredo Facchini

 

 

25 aprile 1945. L’Italia è finalmente libera. Giorgio Almirante è latitante. Su di lui c’è un mandato di cattura. Vive a Milano sotto falso nome, quello di Giorgio Alloni. Questo sarà il suo nome fino all’amnistia del ’46.
Amnistiato di trasferisce subito a Roma e dopo 2 mesi, è il 26 dicembre, in uno studio legale di “Piazza Barberini”, insieme ad un manipolo di reduci dell’ex “Repubblica di Salò”, fonda il “Movimento Sociale Italiano”.
Almirante, 32 anni di Salsomaggiore, ex capo di gabinetto del ministro Mezzasoma, ex caporedattore al “Tevere” di Telesio Interlandi, nonché ex segretario di redazione alla “Difesa della Razza”, ed ex brigatista nero in Val d’Ossola, viene eletto segretario.
Un anno dopo il partito adotta come simbolo la “fiamma tricolore”, quella che arde sulla tomba di Benito Mussolini e che ancora oggi campeggia nel logo di “Fratelli d’Italia”.
Il primo comizio di Almirante è a Roma in piazza San Giovanni, il 10 settembre del ’47: dopo pochi minuti, raccontano le cronache, il segretario missino è già in fuga, cacciato letteralmente a calci.
Il “Movimento Sociale Italiano” si presenta alle elezioni per la prima volta l’8 aprile del 1948 ottenendo il 2,1% alla “Camera”. Almirante fa il suo ingresso in Parlamento con altri 6 neofascisti e non abbandonerà più la “Camera dei deputati”, venendo eletto ancora per nove volte consecutive.
Nei primi 3 anni della sua segreteria, se da un lato, vota contro l’adesione dell’Italia all’Alleanza Atlantica, dall’altro, non disdegna rapporti affettuosi con la “Democrazia Cristiana” di Alcide De Gasperi, tanto da contribuire, con mezzo milione di voti, all’elezione del sindaco “Dc”, Salvatore Rebecchini, primo grande speculatore edilizio, nelle amministrative romane del ’47.
Nel 1950 Almirante non è più segretario. Al suo posto, Augusto De Màrsanich, nel “Ventennio” sottosegretario alle “Comunicazioni” (1935) e alla “Marina mercantile” (1939). Ricoprì cariche anche nella “Repubblica Sociale Italiana”. Altro fascistissimo, ma uomo di manovra e di relazioni così come il successore Arturo Michelini, ex tesoriere del partito.
Almirante si mette alla testa dell’ala più estremista del partito. Nel frattempo il “movimento sociale” appoggia il governo Tambroni, feroce anticomunista. E’ il 29 aprile del 1960. I 24 voti missini risultano determinanti per la nascita del nuovo esecutivo, un monocolore “Dc”. È il primo esecutivo nel dopoguerra a essere sostenuto dai neofascisti.
Genova, Roma, Reggio Emilia insorgono. Il 7 luglio, a Reggio Emilia, 5 operai reggiani iscritti al partito comunista vengono uccisi dalla polizia.
Cade il governo Tambroni. Il “Msi” esce cosi dall’area di governo. E all’orizzonte si profila il centro-sinistra. Isolata, ed erosa in parte dai liberali, per la “Fiamma” cominciano anni magri. Rimane uno zoccolo duro che si aggira più o meno attorno al 4-5%.
Nel giugno del 1969, muore il segretario Arturo Michelini e Almirante torna alla guida del partito. Che durerà per 18 anni. Lo fa a modo suo. Siamo in piena “strategia della tensione”. Surriscalda le piazze, accompagnato dai suoi mazzieri, sponsorizza la rivolta dei “boia chi molla” di Ciccio Franco a Reggio di Calabria (1970), invita i camerati più giovani all’autodifesa armata. Con lui rientrano nel partito i “duri e puri”. Vi si riavvicina il golpista, Junio Valerio Borghese. Accorrono i De Lorenzo, i Birindelli , i Musumeci dei servizi segreti. E quel Pino Rauti inventore di “Ordine Nuovo”, che verrà sciolto nel ’73 dalla magistratura.
E poi i signori dell’eversione nera, Carlo Maria Maggi (condannato per la strage di Piazza della Loggia del 1974 e nel 1969 già membro del comitato centrale missino), Paolo Signorelli, Delfo Zorzi, Massimiliano Fachini.
Tant’è che nel novembre 1971, il procuratore generale di Milano, Luigi Bianchi D’Espinosa, apre un’inchiesta contro Almirante ed il “Msi” per ricostituzione del partito fascista. Il 24 maggio 1973 la Camera dei deputati concede l’autorizzazione a procedere contro Almirante.
In questi anni bui, Almirante, si esibisce anche nella versione in “doppiopetto”, presentandosi ai moderati come il paladino dell’ordine e dei valori tradizionali. Chi vi ricorda?
La nuova gestione, “doppiopetto e manganello”, viene premiata dal voto nelle elezioni del 1972, il partito raggiunge l’otto o nove per cento, mentre l’unificazione con vecchi arnesi monarchici segna il varo della nuova denominazione “MSI-Destra nazionale”.
Il “doppiopetto” di Almirante spesso lascia intravedere i panni di sempre: il segretario missino compare alla “Sapienza” di Roma scortato da nugoli di squadristi (vedi foto sotto), risulta coinvolto nella strage di Peteano (rinviato a giudizio per favoreggiamento, viene poi amnistiato).
Potrebbe essere un'immagine raffigurante 6 persone e persone in piedi
Il suo è un partito <<di notabili, di sottoproletari e di reduci. Con appoggi nella residua aristocrazia italiana. Altro legame forte: alti gradi dell’esercito, vecchi magistrati, uomini dei servizi, carabinieri. Una trama di rapporti mai del tutto trasparente ma reale>>. (Bruno Gravagnuolo)
10 anni dopo, siamo al 1985, nuova virata, grazie alle simpatie di Bettino Craxi, il “Msi” vota a favore della conversione in legge del decreto di liberalizzazione del mercato televisivo ed ottiene la presidenza di una Giunta, quella delle elezioni alla Camera, con Enzo Trantino.
Giorgio Almirante muore nel 1988. Prima benedice il giovane Fini, bolognese, deputato dal 1983. Che al Congresso di Sorrento, diventa segretario: 727 voti contro i 608 di Pino Rauti.
In conclusione. Altro che revisionismo. Ormai siamo oltre. Così può succedere di ascoltare la seconda carica dello Stato e il presidente del consiglio dei ministri in carica celebrare la figura di Giorgio Almirante come uno dei colossi della “Prima Repubblica”. Peccato per loro, perché Almirante fu sempre chiarissimo: <<Che sono fascista ce l’ho scritto in fronte. Il fascismo sbagliò solo per un ecesso di autorità>>. (Mixer)
Almirante è sempre stato fascista: difensore della razza, Repubblichino e fucilatore di partigiani. Chi afferma il contrario è un complice. In tempi così carichi di smemoratezza, non sarà poi così male tornare a sfogliare qualche pagina di Storia.
Per chi è antifascista sdoganare anche la memoria è impossibile.