POLITICALLY CORRECT

DI MARIO PIAZZA

Mario Piazza

 

La Sinistra sta ai progressisti come il fascismo sta ai conservatori…

Sarebbe un’affermazione grave se nei due campi i ruoli non fossero invertiti. A destra il ciarpame inutile e dannoso, quello che rallenta la marcia del capitalismo verso lo sfruttamento, proviene dalla sua frangia estrema. La paccottiglia nostalgica fatta di simboli inquietanti e di violenza vigliacca non piace a Confindustria, alle multinazionali e alle banche.
Nel campo progressista avviene l’esatto contrario, è la Sinistra ad avere chiaro in testa un modello di società da perseguire ed è invece il cosiddetto “campo largo” che in continuazione lo annacqua con temi futili e ipocriti buoni soltanto a far perdere quel sapore di giustizia, libertà e fratellanza che dovrebbe accomunarlo.
Delle sostanze inquinanti lasciate fluire nel pensiero di sinistra una delle più insidiose è quella che chiamiamo il “politically correct”, ovvero il divieto di dire pane al pane e vino al vino. Guai a criticare i morti, guai a chiamare fascista un fascista, povero un povero e nero un nero, guai a scherzare sui difetti fisici, guai a qualsiasi riferimento sessuale, guai a toccare le religioni salvo quella mussulmana, guai a invocare il giudizio divino sui peggiori farabutti del pianeta.
Penso ai Bolscevichi che defecavano nei vasi Ming dello zar e alla Rivoluzione Cubana che proprio ieri ha celebrato il 64 anniversario della vittoria. Se nel 1917 e nel 1959 fosse esistito il “politically correct” sia Nicola II che Fulgencio Batista avrebbero dormito sonni tranquilli.