LATINA: IL TEATRO D’ANNUNZIO RIAPERTO, MA COME CASTELLO. CI SARA’ UNA CORTE NON SPETTATORI

DI LIDANO GRASSUCCI

 

 

Teatro è quando si paga il biglietto.

L’anima nasce vecchia ma ringiovanisce: questo fa della vita una commedia. Il corpo nasce giovane ma invecchia: questo fa della vita una tragedia.

Oscar Wilde

Allora, io non faccio testo: vengo da un paese in cui l’edificio più alto non è il Castello con le sue ingiustizie, la torre civica con i suoi intrighi, non un tempio pagano in attesa della vendetta di Giove, non con una Chiesa dove genuflettersi, ma un seminario di domande intorno a Dio.

Latina, invece, è piatta e un laico grattacielo è la cifra più alta, ma mi ha colpito e tanto come invece di aspirare ad un civico comune, ad un luogo di discussione la riapertura del teatro comunale D’Annunzio a Latina sia la prova del bisogno di un castello. Il teatro oggi verrà non spettatori appassionati, ma ospiti del potere a farne corona.

Il commissario ha aperto il teatro non alla città che ne è sovrana, ma agli invitati, alle autorità. Non l’ha aperta ai Tony dei borghi, agli N’Togni lepini, non ai Ciro napoletani, ma ai “potenti” di una città impotente. Ha deciso di vedersi a teatro, non di vedere il teatro.

Sfileranno non per andare a teatro ma per entrare nel castello, castello di viceré.

Eppure, vedere “Viva Verdi” significava Viva Vittorio Emanuele Re D’Italia” e lo urlavano dai loggioni gli spettatori paganti della lirica e gli austriaci neanche pensavano si potesse evitare quella presenza. Invece qui conta l’assenza: non c’è pubblico, non ci sono gli appassionati, non c’è il popolo ma solo “funzioni”.

Non hanno aperto il teatro, stanno aprendo una castello alla sua corte.

Non me ne vogliate

Felicissima sera
a tutte ‘sti signure ‘ncravattate
e a chesta cummitiva accussi allera
d’uommene scicche e femmene pittate
chesta e’ ‘na festa ‘e ballo
tutte cu ‘e fracchisciasse ‘sti signure

Chi sono io? Io non sono alcuno, ma il teatro non è mio, non è tuo è dello spettatore, del popolo sovrano. Della Patria che vuol dire dei padri

so’ ‘o pate i’ songo ‘o pate
e nun mme po’ caccia’
so’ nu faticatore
e magno pane e pane
si zappo ‘a terra chesto te fa onore
addenocchiate e vaseme ‘sti mmane

Mario Merola, Zappatore

Boskov diceva “rigore è quando l’arbitro fischia”, il teatro è quando qualcuno paga il biglietto per fischiare o applaudire liberi davanti a canto della Tebaldi.

Ps: sento al Tg3 Lazio che l’ingresso è gratuito se… restano i posti, come al terzo stato in Francia. Per dirla con Emmanuel Joseph Sieyès: cosa è il popolo? Tutto, cosa conta il Popolo? Niente. Cosa vorrebbe essere? Qualche cosa. I posti? Se avanzano.

 

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18 Dicembre 2022