SAVERIO UCCISO DA UN CANDELOTTO CHE GLI HA SPACCATO IL CUORE

DI ALFREDO FACCHINI

Alfredo Facchini

 

Sabato 12 dicembre 1970. Milano. Primo anniversario della strage di Piazza Fontana.

Gli anarchici, sbattuti come mostri in galera, scendono in piazza per manifestare la loro innocenza. Valpreda, Borghese, Gargamelli, Bagnoli, Di Cola, Mander, senza uno straccio di prova, sono da un anno in carcere in attesa di giudizio. Sono stati i fascisti, non loro a mettere la bomba che ha ucciso 17 persone.
La Questura ha vietato il corteo. Gli anarchici si sono dati appuntamento nel pomeriggio a Piazza Duomo. Sono almeno in cinquecento. Con loro si sono uniti anche militanti dei “Gruppi comunisti internazionalisti”.
17,45. Via Torino. I carabinieri caricano agli ordini del vice questore, Vittoria. Il copione è quello di sempre. Lancio di lacrimogeni, colpi di pistola. Gli anarchici si disperdono in piccoli gruppi. Trovano riparo nelle vie limitrofe e in via Larga dove c’è il presidio degli studenti della Statale. Mario Capanna, uno dei capi del “Movimento”: “i nostri cordoni si aprirono e si richiusero dopo il loro passaggio” (Mario Capanna, Formidabili quegli anni)
Tra via Larga, via Bergamini e via Sant’Antonio il servizio d’ordine del “Movimento studentesco” si scontra con polizia e carabinieri. Un proiettile sparato dalle forze dell’ordine colpisce alla coscia un pubblicista, Giuseppe Carpi De Resmini. Segue una seconda carica, all’angolo tra via Bergamini e via Larga. Un candelotto colpisce in pieno petto, Saverio Saltarelli, studente al terzo anno di Legge, spaccandogli il cuore. Era in piazza con i “Gruppi comunisti internazionalisti”.
 
“Rimase esanime a terra per circa 10 – 15 minuti; venne poi soccorso da manifestanti (presumibilmente del servizio d’ordine del Movimento Studentesco) che lo portarono all’interno della Università; un medico cercò di rianimarlo ma ne chiese immediatamente il ricovero al vicino Policlinico dove però Saverio giunse già morto, verso le 19,00”. (saveriosaltarelli.it)
Saverio, 23 anni, figlio di una famiglia di pastori di Pescasseroli, si trasferisce a Milano dove vive assieme ad una delle tre sorelle, in un caseggiato popolare. Due stanze ricavate da una soffitta. Per pagarsi gli studi lavora saltuariamente alla “Ricordi”, oltre a qualche esibizione come chitarrista in un complesso.
Nell’autunno del 1968 s’iscrive alla “Statale”. Partecipa da subito alle agitazioni e ai seminari, ma non accetta le posizioni del “Movimento Studentesco”. Si avvicina a “Rivoluzione comunista” e diventa militante del “Comitato Studentesco di Agitazione Rivoluzionaria”(Csar). Attivo anche nella sua Pescasseroli. Nell’estate del ‘69, organizza le lotte contro la devastazione del “Parco Nazionale degli Abruzzi” ad opera della speculazione edilizia e per alleviare la grave condizione dei lavoratori stagionali e degli edili.
“Mentre lavorava come falegname in un cantiere di Pescasseroli, organizzò un gruppo di studenti-lavoratori per denunciare il super sfruttamento degli stagionali costretti a lavorare fino a 14 ore al giorno e senza contributi. Appena articolò la prima protesta venne licenziato.” (Pugliantogonista.it)

L’iter giudiziario, finisce a tarallucci e vino.

Il capitano Antonetti, che comandava la prima compagnia del primo battaglione celere, unico imputato rimasto nel processo d’appello, celebrato nel gennaio del 1977, viene assolto per insufficienza di prove. In primo grado, Antonetti, era stato condannato a nove mesi con la sospensione della pena, mentre per 58 carabinieri, i reati a loro ascritti, si erano estinti per avvenuta prescrizione. Tra gli altri imputati figurava, il capitano dei carabinieri, Antonio Chirivì, accusato di aver sparato i colpi di pistola che raggiunsero alla gamba, Giuseppe Carpi De Resmini.
Saverio, insomma, sarebbe morto perché tra la polizia, quel giorno, qualcuno avrebbe sparato un candelotto invece che in aria, come impone il manuale della “PS”, ad altezza d’uomo. Una disattenzione.
Maledetti.