L’ASCESA DELLA CINA SOCIALISTA DA DENG XIAOPING A XI JINPING

DI LUCA BAGATIN

Il successo economico, politico e sociale della Cina contemporanea si deve, innegabilmente, a Deng Xiaoping (1904 – 1997), il quale, nel luglio 1977, assunse contemporaneamente la carica di Vicepresidente del Partito Comunista Cinese, Vice Primo Ministro e Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate.

Delle origini dell’ascesa cinese sino ai nostri giorni ci parla, diffusamente, in modo tanto approfondito quanto semplice, il saggio “Quarant’anni di Cina”, della prof.ssa Daniela Caruso, edito recentemente da Eurilink University Press.

Il saggio parte proprio dalla descrizione delle politiche riformiste di Deng Xiaoping, il quale ricoprì la carica di Presidente della Repubblica Popolare Cinese dal 1978 al 1992, riformando profondamente la Cina maoista e aprendola a quello che egli stesso definì “socialismo con caratteristiche cinesi”.

Un socialismo che permise al Paese di uscire dalla povertà, sviluppando scienza, tecnologia e aprendo il Paese a nuove idee, incoraggiando la classe dirigente ad espandere i propri orizzonti e orientando il sistema all’economia di mercato, ma mantenendola saldamente sotto il controllo della comunità, attraverso il Partito Comunista Cinese.

Uno dei cardini della politica estera di Deng fu il buon vicinato, ovvero lo sviluppo di una politica di dialogo e cooperazione con tutti i Paesi che volessero cooperare e dialogare con la Cina.

Incoraggiò, peraltro, i giovani cinesi a studiare all’estero, affinché riportassero, in Cina, il know-how imparato all’estero.

Il primo Paese con il quale la Cina socialista di Deng iniziò ad avere ottimi rapporti fu la Francia, la quale, peraltro, con il Presidente Charles De Gaulle, nel 1964, fu la prima in Europa occidentale a riconoscere la Repubblica Popolare Cinese.

Come spiegato nel saggio della prof.ssa Caruso, Deng sviluppò la teoria della Quattro Modernizzazioni, già enunciato in Cina alla metà degli Anni ’60, ovvero il raggiungimento – entro la fine del XX Secolo – della modernizzazione nel settore agricolo, industriale, militare e tecnologico.

Tutti gli sforzi dell’amministrazione di Deng, infatti, saranno volti in questo senso e, per fare ciò, Deng aprirà la Cina agli investimenti stranieri, oltre che distribuirà le terre ai nuclei famigliari, che ne divennero responsabili e proprietari. Egli riformò, inoltre, il sistema finanziario e quello delle imprese di proprietà statale.

In questo senso, introdusse le cosiddette Zone Economiche Speciali, le quali favorirono gli investimenti stranieri, i quali furono destinati al sistema del miglioramento delle infrastrutture e delle tecnologie.

Tale utilizzo del capitalismo per costruire un sistema di socialismo avanzato, sarà dunque il fondamento di quel “socialismo con caratteristiche cinesi”, che ha adattato il marxismo (fondendolo con il confucianesimo) alle condizioni storiche, economiche e sociali della Cina e che sarà successivamente seguito e implementato dai successori di Deng Xiaoping.

Il primo fra questi sarà il recentemente scomparso, all’età di 96 anni, Jiang Zemin (1926 – 1922).

Jiang Zemin, come riportato dalla prof.ssa Caruso, elaborò la teoria delle Tre Rappresentatività, che delineò il nuovo ruolo del Partito Comunista Cinese, rendendolo, sostanzialmente, un partito interclassista e aperto a tutte le categorie della società, comprese le forze produttive, culturali e artistiche.

Jiang, nel corso degli Anni ’90, riformò il fisco e rafforzò la legislazione delle imprese, rafforzandone così lo spirito imprenditoriale.

Egli, inoltre, permise il riconoscimento del diritto alla proprietà privata, pur mantenendo l’assetto socialista della società e dell’economia cinese, frenandone le spinte all’individualismo selvaggio e correggendo gli aspetti più deleteri dell’economia capitalista occidentale, in primis la disoccupazione.

In questo senso, fu anche uno strenuo combattente contro l’immoralità e la corruzione, generate da quell’individualismo causato dall’eccessivo benessere economico che stava pervadendo la Cina di quel periodo.

In politica estera continuò la tradizione di Deng e parlò, per primo, di multipolarismo, ovvero la prospettiva di un mondo pacifico, che cooperasse al fine di mantenere equilibrio e prosperità nel mondo.

Jiang Zemin terminò il suo mandato nel 2002 e, alla guida del Partito e della Presidenza della Repubblica, sarà eletto Hu Jintao.

Molto più giovane rispetto ad altri leader cinesi, Hu Jintao – spiega la prof. Caruso – sostenne la politica delle Tre Rappresentanze del suo predecessore e elaborò la Teoria delle tre Vicinanze, ovvero “vicino alla realtà, vicino alla gente e vicino alla vita quotidiana”.

Ovvero cercare di rendere il Partito al servizio diretto della comunità, servendone gli interessi e i bisogni.

L’amministrazione di Hu fu quella che, per la prima volta, dovrà vedersela con l’epidemia della SARS e, a seguito di tale esperienza, il governo cinese rafforzò il comparto sanitario e investì 6,8 miliardi di yuan, ovvero circa 900 milioni di dollari, che servirono a creare una rete di controllo e prevenzione delle epidemie.

Hu Jintao introdusse, inoltre, il concetto di “società armoniosa” e di “civilità ecologica” che, secondo le sue parole, doveva essere: “Democratica e governata dalla legge, giusta, degna di fiducia, piena di vitalità, stabile e ordinata e in grado di mantenere l’armonia tra uomo e natura”.

Da allora si iniziò a parlare, in Cina, di sensibilità ambientale e di interventi a difesa dell’ambiente e del clima, oltre che si iniziò ad intervenire massicciamente per ridurre le diseguaglianze, che l’eccessivo benessere economico stava iniziando a fomentare.

Anche con Hu Jintao, la Cina, in politica estera, riaffermava il suo impegno per la pace e la cooperazione fra tutti i popoli e Paesi.

Infine, a succedere a Hu, fu, nel 2012, l’attuale Segretario del Partito Comunista Cinese e Presidente della Repubblica, Xi Jinping, il quale, come spiega la prof.ssa Daniela Caruso nel suo saggiò, lanciò il cosiddetto “Sogno cinese”.

Obiettivo di tale sogno, quello di rendere la Cina – entro il 2050 – una naziona prospera in ogni suo aspetto, continuando a costruire il socialismo con caratteristiche cinesi.

L’amministrazione di Xi si è immediatamente caratterizzata per la sua lotta senza quartiere alla corruzione, anche ai più alti vertici del Partito, in particolare contro tutti coloro i quali ostentavano il loro potere e la loro ricchezza, campando – per così dire – alle spalle della comunità cinese.

Altro aspetto dell’amministrazione Xi è il recupero dello studio del maoismo e del marxismo nelle scuole, oltre che il recupero dei valori nazionali e patriottici, contrapponendo tutto ciò ai valori decadenti, mercantili e materialisti dell’Occidente liberal capitalista.

Xi ha elaborato la Teoria dei Quattro Onnicomprensivi, ovvero: costruite una società moderatamente prospera; approfondire e completare le riforme; governare il Paese secondo la legge; abbracciare completamente la disciplina di partito.

Xi ha inoltre espresso più volte la necessità di coltivare lo stato di diritto, oltre che di migliorare il sistema scolastico e di accesso alla conoscenza, oltre che investire massicciamente in tecnologia, puntanto al cosiddetto “Made in Cina 2025”, ovvero portando le imprese ad alta tecnologia a livelli d’avanguardia nel mondo.

Fra gli aspetti approfonditi dal saggio della prof.ssa Caruso, oltre ai rapporti commerciali fra Cina e Europa, attraverso la Nuova Via della Seta, anche i rapporti fra Cina e Africa, che risalgono al Basso Medioevo e si sono intensificati con il sostegno di Mao Tse-Tung ai movimenti di liberazione nazionale panafricani anti-colonialisti e con le successive partnership fra Cina e continente africano.

La Cina, in tal senso, ha concesso a numerosi Paesi africani, sia l’alleggerimento del debito che interventi di natura umanitaria, oltre che investimenti in ambito infrastrutturale, industriale ed agricolo, promuovendo peraltro la pace e la sicurezza nel continente africano, anche attraverso il FOCAC, ovvero il Forum di Cooperazione fra Cina e Africa.

Il saggio della prof.ssa Caruso, si conclude accennando alle paure dell’Occidente liberal capitalista nei confronti dell’ascesa cinese.

In tal senso, la prof.ssa Caruso fa presente come l’approccio Occidentale di matrice liberale, fondato spesso sulla ricerca dell’egemonia e supremazia, sia diametralmente opposto rispetto a quello cinese, fondato su “politiche di cooperazione e di condivisione dei vantaggi, verso una comunità globale multipolare e verso la pace”.

Come sottolineato dalla prof.ssa Caruso nel suo saggio, la Cina socialista ha, in questo senso, un’immagine più riformista e equilibrata piuttosto che volta a voler rivoluzionare l’ordine internazionale.

Probabilmente, specialmente in questo particolare periodo storico, nel quale l’Occidente liberal capitalista sembra aver completamente perduto la bussola e ogni forma di ragionevolezza in ambito politico, sociale, economico e geopolitico, la Cina e la sua storia hanno molto, se non tutto da insegnare.

Luca Bagatin

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