LA RIVOLUZIONE GENTILE

DI SALVATORE GRANATA

REDAZIONE

 

Sapete cosa rappresenta questa foto in bianco e nero?
Non è un concerto. E nemmeno una manifestazione.
È la Festa dell’Unità di Firenze al Parco delle Cascine del 1975. Non la Leopolda o altre barzellette successivamente passate nelle vicinanze. E che ancora (assurdo!) esistono.
La festa del Pci. Non di un partito ridicolo, il PD, che impropriamente ne ha usurpato l’eredità (a cominciare dai suoi “antenati”: DS, margherita e ulivo), infestandolo di democristiani della peggiore specie, intrallazzatori e neoliberisti e sbattendo fuori, di anno in anno, qualsiasi forma di comunismo e socialismo, fino a “epurarlo” della sua vera anima.
Anima che rappresentava milioni di lavoratori, che non incentivava volontariato e precariato selvaggio, che proteggeva milioni di persone in difficoltà, libera da correnti malate, da patologie subculturali, senza alcuna equivocità.
Tra l’altro, nel 1975, andò in onda una tribuna politica che anticipò di pochi giorni le elezioni regionali e amministrative di quell’anno. Tali elezioni si verificarono pochi mesi dopo il XIV Congresso del PCI, ribattezzato dai giornali “il congresso del compromesso”, e rivestirono dunque un grosso significato politico. Il loro esito vide una sostanziale vittoria delle sinistre.
E l’anno dopo (1976), nel Tg2 Ring Enrico Berlinguer rispose alle domande di numerosi giornalisti, fra i quali Emilio Ravel ed Ennio Mastrostefano. Durante l’incontro, in cui furono toccati i temi della austerity per fronteggiare la crisi economica o dei rapporti della borghesia con il PCI, Berlinguer parlò della possibilità di confronto del suo partito con la Democrazia Cristiana: si andava concretizzando il compromesso storico che sarebbe stato sugellato dalla stretta di mano con Aldo Moro (non Andreotti), il 28 giugno 1977.
Erano altri tempi. Erano i tempi di Enrico Berlinguer. L’unico vero politico, fine oratore, profondamente onesto, convinto sostenitore della necessità di rifondare la democrazia su un impegno di massa e di rinnovare i partiti assumendo come punto centrale la questione morale. Egli dedicò tutta la vita senza risparmiarsi agli ideali della sua “rivoluzione gentile”. Rivoluzione che non si completò nel momento in cui sopraggiunse la sua morte.
Successivamente, la colpa del fallimento totale del Pci fu in primis dei dirigenti e in secundis degli elettori (non tutti), che non si ribellarono alle divisioni interne, alla fame di potere delle tanti correnti che distrussero quel fantastico sogno. Che distrussero l’unità. E l’unità…era Enrico Berlinguer.
Oggi, infatti, vige il caos più totale, tra pd, azione-iv (ex piddini), si e altri partitini surrogati, che hanno finito di demolire quel progetto della sinistra berlingueriana di cui sopra (rimasto nel cuore di tantissimi italiani), trasformandolo definitivamente in un piano-stampella (andreottiano, surrettizio e disonorante) del centrodestra più becero degli ultimi vent’anni.
Vergogna assoluta.
Asteroide…sbrigati.