MISSILI SULLA POLONIA: L’OMBRA DEL FALSE FLAG

DI ANTONELLO TOMANELLI

ANTONELLO TOMANELLI

Un omnicollegato Zelensky irrompe pure al G20 di Bali, esprimendo la sua personalissima idea di pace: ritiro dell’esercito russo da ogni anfratto dell’Ucraina, rilascio di tutti i prigionieri, risarcimento in cash di ogni danno materiale e morale provocato con l’invasione.
I presenti sembrano perplessi, perché non sentono proporre da Zelensky la gogna al collo di Putin in diretta da Piazza Majdan. Lavrov dimostra un’assoluta padronanza degli eufemismi parlando di «condizioni non realistiche». Quando Zelensky finisce di parlare, una pioggia di missili senza precedenti si abbatte su mezza Ucraina.
Non si sa bene come e perché, ne esplodono due su Przewodow, un villaggio polacco di 700 abitanti situato nella russofobissima Galizia a pochi km dal confine con l’Ucraina, uccidendo due sfigatissimi contadini mentre stanno lavorando.
Un conto è colpire per errore un edificio residenziale che si trova nei pressi di una caserma operativa, altro è sbagliare Stato. Dunque, i casi sono due. O i Russi non sanno più lanciare i missili, oppure c’è qualcuno che gioca sporco. E si affaccia l’ombra del «false flag».
Ideata nel XVI secolo dai pirati che issavano bandiere amiche per tranquillizzare le navi mercantili e abbordarle, l’operazione false flag è andata nel tempo assumendo contorni sempre più sofisticati, arrivando a progettare attacchi sanguinari contro i propri connazionali per addossarne la responsabilità ad altri e giustificare agli occhi dell’opinione pubblica una rappresaglia altrimenti incomprensibile. Insomma, l’operazione false flag è un coacervo di tradimento, calunnia e vigliaccheria di dimensioni colossali, che in pochi al mondo avrebbero il coraggio di concepire.
Fu un false flag a dare il via alla Seconda Guerra Mondiale, quando la sera del 31 agosto 1939 un gruppo di soldati della Wehrmacht, indossando divise polacche, assaltava una stazione radio tedesca situata proprio nei pressi del confine con la Polonia. Dopo aver massacrato in diretta il personale della radio, un soldato tedesco leggeva un messaggio in lingua polacca, che incitava le minoranze presenti in Germania ad armarsi contro il popolo tedesco. Il giorno dopo, alle ore 4.45, Hitler ordinava l’invasione della Polonia.
Le reazioni ai missili su Przewodow paiono caute. Lo stesso Biden ritiene «improbabile che siano partiti dalla Russia», dubbi confermati dal Pentagono. In effetti, bisognerebbe essere proprio scemi.
Solo quello sciagurato di Zelensky parla apertamente di attacco proditorio della Russia ad un Paese con la tessera Nato. Zelensky, oltre a stropicciarsi troppo il naso ormai anche in pubblico, è un onanista dell’art. 5 del Trattato Nato, che legittimerebbe un attacco collettivo contro la Russia, se quei missili fossero davvero russi. Attacco che, per i motivi noti a tutti, segnerebbe l’inizio di una guerra atomica.
Sono tante le persone che nel mondo incominciano ad averne abbastanza di questo mediocre attore, infantile provocatore ed emerito buffone. Ma nemmeno in Italia si può stare allegri. Abbiamo gente come Calenda e Letta, i quali, a parte la faccia che dice tutto, arrivano a twittare frasi del tipo «il popolo italiano sta dalla parte del popolo polacco, quel che succede ai polacchi succede a noi».
Frasi neanche tanto sibilline, ma sufficientemente rivelatrici di un guerrafondismo pari soltanto all’incoscienza che anima simili dichiarazioni, non fosse altro perché destinate a rinforzare i propositi marziali di quegli scemi di guerra in tempo di pace che ancora credono in costoro e che hanno, come loro, il coraggio di proclamarsi di sinistra rimanendo con la faccia seria. Ma che alla fine proveranno imbarazzo, se non pentimento, per la loro scelta scellerata.