LA DOMANDA NON E’ “SE”, E’ “QUANDO”

DI MARIO PIAZZA

 

Mentre ci trastulliamo con i risultati elettorali e con il totoministri la guerra va avanti, e lo fa mostrando senza più remore ciò che molti avevano intuito fin dal primo giorno: i pugili sul ring si chiamano Joe Biden e Vladimir Putin, noi siamo il ring.
Ora lo sappiamo o dovremmo saperlo perché mentre i due pugili saltellavano senza neppure sfiorarsi raccogliendo applausi e fischi dalle rispettive tifoserie ad essere calpestati dai loro piedi come le tavole di un ring siamo noi, Ucraini in primis e a seguire tutti i cittadini dell’Unione Europea.
Ho detto i cittadini, non i governi che sull’incontro di boxe hanno scommesso forti somme politiche ed economiche. Ai governi dell’indipendenza dell’Ucraina non importa un accidente, non più di quanto importasse loro dell’Afghanistan, della Georgia, dei Curdi, degli Yemeniti o di chiunque altro sia stato ridotto in poltiglia dalle loro precedenti scommesse.
Ora Biden ha sferrato il primo pugno come aveva annunciato il 7 febbraio alla Casa Bianca prima che la guerra incominciasse durante un incontro bilaterale col premier tedesco Scholz “Se i Russi invadono azzereremo il Nord Stream”. Lo ha fatto, e lo ha fatto nel preciso momento in cui la Germania ha mostrato il primo segno di cedimento nella guerra santa contro il demonio.
Se siete tra quelli che pensano che sia stato Putin a far saltare l’oleodotto che gli è costato 10 miliardi e che versava quotidianamente un fiume di denaro nelle sue casse avete solo perso tempo a leggere questo post, e temo che altro ne perderete nel commentarlo.
E’ davvero ridicolo, molto al di sotto del livello minimo di intelligenza, pensare che Putin abbia fatto irreparabilmente saltare per aria una sua infrastruttura preziosa quando gli sarebbe bastato chiudere il rubinetto.
Con quelle esplosioni la guerra è uscita dai confini dell’Ucraina, che arrivi anche da noi è, salvo miracoli in cui non credo, soltanto questione di tempo.