PROPAGANDA E DESTABILIZZAZIONE: NUOVO EXPLOIT DI NANCY PELOSI IN ARMENIA

DA REDAZIONE

REDAZIONE

 

Nancy Pelosi ha annunciato che si recherà in Armenia per “sostenere” Erevan nel conflitto con l’Azerbaigian. In realtà si tratta di una mossa volta alle elezioni di midterm e alla destabilizzazione dei rapporti tra Armenia e Russia.

Propaganda e destabilizzazione: nuovo exploit di Nancy Pelosi in Armenia

Propaganda elettorale e destabilizzazione: la visita di Nancy Pelosi in Armenia

“Nancy Pelosi continuerà la sua serie di drammatici viaggi all’estero quando arriverà in Armenia questo fine settimana”, ha annunciato ieri la testata statunitense Politico. La terza più importante carica degli Stati Uniti, dopo aver contribuito all’acuirsi delle tensioni nello Stretto di Taiwan, si prepara dunque a fare lo stesso nella regione del Caucaso, vitale per gli interessi russi.

Ufficialmente, Pelosi ha affermato di voler andare in Armenia per “sostenere” Erevan nel conflitto con l’Azerbaigian per il controllo della regione contesa del Nagorno-Karabakh. Con lei, secondo le indiscrezioni raccolte da Politico, viaggerà anche Jackie Speier, deputato democratico della California, uno dei pochi legislatori degli USA ad avere origini armene. Al di là delle motivazioni ufficiali, possiamo affermare che la mossa di Pelosi ha un duplice scopo, uno di politica interna ed uno di politica estera.

Dal punto di vista interno, i democratici temono una pesante sconfitta nelle prossime elezioni di midterm, storicamente difficili per il partito del presidente in carica. Pelosi non solo vuole affermare la sua immagine di “paladina dei diritti umani” in patria e all’estero, ma vuole anche garantire al Partito Democratico il voto della comunità armena nel Paese, che secondo le stime potrebbe contare fino ad 1,5 milioni di persone. La diaspora armena è presente soprattutto in California, lo Stato dal quale proviene il citato deputato Speier.

Jackie Speier

Il filo sottile dall’Ucraina al Nagorno-karabakh, la missione di Nancy Pelosi

La decisione di Pelosi è stata salutata positivamente da Anthony Barsamian, co-presidente dell’Assemblea armena d’America, il quale ha affermato che “l’Armenia non ha ricevuto il tipo di attenzione che ha ricevuto l’Ucraina, e questo farà luce su un Paese che attraversa un confine internazionale in violazione del diritto internazionale“. L’operazione dal punto di vista mediatico interno sembra dunque riuscita per Pelosi, che però ancora una volta rischia di creare tensioni maggiori nei Paesi che visita.

Passiamo infatti all’obiettivo di politica esterna della sua visita in Armenia. La repubblica caucasica è legata alla Russia da numerosi accordi bilaterali economici e militari, e fa parte dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (OTSC), un’alleanza militare difensiva capeggiata proprio da Mosca, alla quale aderiscono anche Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan. L’OTSC prevede che la Russia debba intervenire in difesa dei propri partner qualora questi vengano aggrediti, ma questo accordo non include il territorio del Nagorno-Karabakh, che la stessa Armenia considera come uno Stato indipendente, la Repubblica dell’Artsakh.

Con il riprendere del conflitto, l’Armenia si è immediatamente rivolta a Mosca per chiedere sostegno. La visita di Pelosi cerca dunque di creare scompiglio nelle relazioni bilaterali russo-armene, tentando di riorientare la politica estera di Erevan.

Gli Stati Uniti potrebbero promettere di sostenere l’Armenia sulla questione del Nagorno-Karabakh in cambio di una presa di posizione antirussa del governo di Nikol Pashinyan sulla questione ucraina. Inoltre, gli USA non vogliono lasciare alla Russia il ruolo unico di mediatore e pacificatore, il che andrebbe ad inficiare la propaganda occidentale che descrive Mosca come foriera di conflitti.

In seconda battuta, la visita di Pelosi lancia anche un messaggio ad un altro importante attore regionale, la Turchia, principale punto di sostegno per l’Azerbaigian. Membro della NATO, la Turchia è divenuta la mina vagante dell’alleanza militare a guida statunitense. Fino ad ora, gli USA avevano sempre mantenuto un basso profilo sulle questioni del Caucaso, lasciando alle potenze regionale l’onere di sbrigarsela tra loro. La continua insubordinazione di Ankara ai dettami di Washington deve certamente aver giocato un ruolo nella presa di posizione decisa da parte dell’amministrazione di Joe Biden.

Gli Usa orwelliani di Biden che ha creato il Ministero per la verità

La mediazione russa

Nel frattempo, la Russia spera di riportare la situazione sotto controllo al più presto possibile, non potendo tollerare ulteriori destabilizzazioni ai propri confini. “La Federazione Russa sta facendo tutto il possibile per ridurre le tensioni“, ha detto in conferenza stampa Marija Zacharova, portavoce del ministero degli Esteri russo.

Il presidente Vladimir Putin, dopo aver sentito telefonicamente Pashinyan, dovrebbe incontrare il suo omologo azerbaigiano Ilham Aliyev nel corso del vertice dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai a Samarcanda, incontro al quale avrebbe dovuto partecipare anche il premier armeno, costretto però a rinunciare in seguito agli eventi bellici.

Suren Papikyan, ministro della Difesa di Erevan, ha incontrato invece una task force dell’OTSC, guidata dal colonnello Anatolij Sidorov. In base al risultato del proprio sopralluogo, la task force ha descritto l’operazione militare come una “aggressione su larga scala da parte dell’Azerbaigian”.

“Sono previsti eventi per studiare e monitorare la situazione attuale in alcune regioni di confine, nonché per tenere incontri di lavoro con la dirigenza del ministero della Difesa e lo Stato Maggiore Generale delle Forze Armate della Repubblica di Armenia, l’Ambasciata Russa in Armenia, il dipartimento di frontiera del Servizio di sicurezza federale russo nella Repubblica di Armenia e il comando della 102a base militare russa“, ha affermato il servizio stampa dell’organizzazione militare.

Se una situazione definitiva per la questione del Nagorno-Karabakh sembra dunque lontana per via dell’eccessiva differenza di vedute e di interessi tra le parti, le autorità russe e dell’OTSC sperano quanto meno di riportare le parti al cessate il fuoco alle stesse condizioni stipulate nel 2020, sperando che la visita di Nancy Pelosi non sia foriera di venti di guerra, come accaduto a Taiwan.

Taiwan, Nancy Pelosi: "La Cina mi attacca perchè sono donna"

Articolo di Giulio Chinappi, dalla Redazione di

18 Settembre 2022