ADDIO A MIKHAIL GORBACIOV, IL RUSSO CHE SI FIDO’ DEGLI USA

DI ANTONELLO TOMANELLI

 

Se oggi girassimo per Mosca chiedendo cosa provano i Russi per la morte di Mikhail Gorbaciov, quasi tutti risponderebbero con indifferenza. Non abituati per cultura ad esprimere gioia per la morte di chicchessia, i Russi sanno bene che se sono arrivati al punto in cui sono oggi, con la paura di una guerra atomica e con addosso l’odio del mondo occidentale, almeno in parte lo si deve proprio a lui.

Glasnost e Perestroika. Parole magiche che fecero breccia nel cuore dei Russi, stanchi di un regime che vedevano ormai come un vecchio che cerca di camminare sugli scogli. Parole d’ordine che gli USA strumentalizzarono nel modo più ipocrita, ponendo le basi di quella politica espansionistica che porterà la Nato ai confini con la Russia.

 A metà degli anni ’80 tutto faceva pensare ad un cambiamento di regime a Mosca e ad un avvicinamento tra le due superpotenze, dopo che Gorbaciov inaugurò la svolta dal pulpito del Congresso del PCUS.

Persino la Hollywood del presidente Reagan spingeva in tal senso, chiedendo a Sylvester Stallone di pronunciare un discorso di pace sul ring di Mosca, dopo aver battuto Ivan Drago che gli aveva appena giurato di “spiezzarlo” in due, osannato dal pubblico moscovita e applaudito da un attore sugli spalti straordinariamente somigliante a Mikhail Gorbaciov.

In effetti l’Unione Sovietica di allora somigliava proprio a Ivan Drago. Un colosso senza tecnica. Washington, che accolse con ostentata soddisfazione la svolta impressa da Gorbaciov, offrì a Mosca amicizia, insieme ad un futuro prospero di collaborazione per la Pace nel mondo. Gorbaciov gli credette.

Fu un errore fatale, che ancora oggi il popolo russo gli rimprovera: essersi fidato degli americani.

Fino al punto che quando nel 1990, pochi mesi dopo la caduta del muro di Berlino, James Baker, il fidatissimo segretario di Stato di Gorge W. Bush, giurò a Gorbaciov che la Nato non si sarebbe allargata ad est di un solo pollice, Gorbaciov gli credette ancora, dando il benestare ad una rapida riunificazione della Germania.

 Ma Baker azzardò: caro Mikhail, ma se la Germania deve riunificarsi, che ci stanno a fare quei 300 mila soldati sovietici in Germania Est? Puoi cortesemente riportarteli in Patria?

Gorbaciov obbedì e ordinò il ritiro dei 300 mila soldati dalla Germania Est. Tra questi un certo Vladimir Putin, giovane funzionario del Kgb di stanza a Dresda, che probabilmente subodorò l’imbroglio.

 Pochi mesi dopo Gorbaciov cadde in disgrazia. Al potere salì Eltsin, un presidente acclamato dal popolo, ma un debole che potevi comprare con una cassa di pregiato whisky. La Russia sfiorò più volte il default, mentre la Nato pian piano si fagocitava tutto l’ex Patto di Varsavia e anche qualcosa di più, fino ad annettere persino le Repubbliche Baltiche.

Il resto è storia di oggi.

Non ci saranno milioni di persone ai suoi funerali.