I PREZZI DEL GAS BATTONO TUTTI I RECORD MENTRE L’INFLAZIONE METTE IN GINOCCHIO L’EUROPA

DI PIERO ORTECA

 

 

Record per il gas che chiude a 276,7 euro. Seduta pesante per le Borse europee che scontano i timori per l’effetto che la crisi energetica avrà sull’economia. Francoforte chiude a -2,3%. Pesante Milano. Berlino: ‘Inverno difficile, Putin potrà tagliare ancora il gas’.
Financial Times, report del Citigroup su Londra: “l’inflazione nel Regno Unito, il prossimo gennaio, potrebbe arrivare quasi al 19%”.
Gas lontano: Eni annuncia la scoperta di un giacimento al largo di Cipro.

Europa in guerra senza le bombe

L’Europa è in guerra. Certo, un brutale conflitto sostanzialmente economico, per ora, a parte l’orrendo carnaio ucraino. Putin non ha solo scatenato un’invasione tanto sconclusionata quanto sanguinaria, ma ha soprattutto rotto equilibri geopolitici che duravano da decenni. E i danni collaterali sono sotto gli occhi di tutti. Ieri, l’ennesimo ciclo di riparazioni al Nord Stream 1, annunciato dai russi, ha fatto impennare il costo del gas fino a 295 euro al megawattora, prima di vederlo ripiegare a 276,75 euro. Una botta tremenda, che rende conto e ragione del perché la devastante inflazione europea sembra riottosa a qualsiasi cura. I mercati azionari sono stati trascinati al ribasso dal clima plumbeo, che ormai si è instaurato nelle Borse del Vecchio continente.

Germania in prima linea

I più colpiti, e c’era da aspettarselo, sono stati i tedeschi, per l’intrinseca fragilità del settore energetico. La loro è una macchina industriale e produttiva più potente della nostra e che quindi “beve” molto carburante. Così, come abbiamo scritto nei giorni passati, aumentano di giorno in giorno le preoccupazioni per la tenuta del sistema-paese, specie in vista di un inverno che si prospetta all’insegna del freddo e della recessione. La Borsa di Francoforte ieri ha perso il 2,30%. Ma le cattive notizie non arrivano mai da sole. Pare, infatti, che tutte le previsioni fatte sull’andamento dell’inflazione e, più in generale, dell’economia europea nei prossimi 12 mesi, debbano essere riviste in senso peggiorativo. In sostanza, ci troviamo di fronte a una “tempesta perfetta”, di inaudita violenza, che sta mettendo in difficoltà tutti gli specialisti di macroeconomia. A cominciare da quelli delle Banche centrali.

La Gran Bretagna rischia di affondare

Circolano studi e valutazioni, nelle segrete stanze, da fare accapponare la pelle, che non vengono resi noti per non alimentare una sorta di “disfattismo sociale”, che ormai, però, comincia a prendere piede. Perché la gente non crede più alle chiacchiere e alle promesse, ma si scontra quotidianamente col muro di calcestruzzo del carovita. Ieri, il Financial Times ha pubblicato la sintesi di un report realizzato da Citigroup, che fa delle previsioni scioccanti per il Regno Unito. Discorso che, per il principio dei “vasi comunicanti” nell’economia contemporanea, vale anche come anticipazione per l’Eurozona e per l’Unione, nel loro complesso. Bene, secondo questo studio, “l’inflazione nel Regno Unito, il prossimo gennaio, potrebbe arrivare quasi al 19%”. Sinceramente, più che una previsione, fatta così, sembra una profezia medievale. Se dovesse essere vero, l’Europa e il resto del pianeta attraverserebbero la più devastante crisi finanziaria ed economica degli ultimi settant’anni.

Prezzo dell’energia incontrollabile

Benjamin Nabarro, capo-economista di Citigroup, ha detto al FT che il prezzo dell’energia è ormai incontrollabile e che le sue ricadute sul tessuto produttivo fanno danni esponenziali. Nabarro aggiunge che la Bank of England non avrà scelta e dovrà continuare ad alzare i tassi, più di quanto abbia fatto finora. Questo provocherà recessione, mentre l’inflazione, da picchi così alti, non potrà che scendere lentamente. Insomma, il quadro che si prospetta, nel migliore dei casi, è quello di una “stagflazione” di scuola. È quello che succederà, con le dovute differenze di specificità, anche nell’Eurozona (e in Italia), dove la politica monetaria non la fanno i governi, ma la fa la BCE, la Banca centrale europea. Che, come i nostri lettori sapranno, abbiamo spesso accusato di “letargia”, cioè di sonnecchiare, senza intervenire, quando l’inflazione stava montando.

Tassi d’interesse e mutui in volo

Adesso che i buoi sono scappati, Madame Lagarde preme affinché siano chiuse le porte della stalla. Cioè perché siano, finalmente, alzati i tassi d’interesse. Anche se, adesso, andrà fatto tutto a rotta di collo, ingenerando nei mercati aspettative negative e provocando immancabili “danni collaterali”. Più tempo si è perso e maggiormente dovranno essere alzati i tassi, per bloccare la spirale inflazionistica, che si autoalimenta. Ma se l’intenzione è quella di ritoccare all’insù il costo del denaro, di soli 50 punti base, il prossimo 8 settembre, allora probabilmente non avremo risolto niente.

“Siamo pronti a scommettere che i tedeschi spingeranno per avere un rialzo più consistente. Almeno di 75 punti base. Un’ultima osservazione: se i “Premi Nobel” di Francoforte (e di Bruxelles) non faranno abbassare questa maledetta inflazione, continueremo a essere ostaggio di Putin e della sua energia, tanto al chilo. Forse, messa così, adesso la faccenda è più chiara”.

Di Piero Orteca

dalla redazione di:

23 Agosto 2022

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PIERO ORTECA

Piero Orteca, giornalista, analista e studioso di politica estera, già visiting researcher dell’Università di Varsavia, borsista al St. Antony’s College di Oxford, ricercatore all’università di Maribor, Slovenia. Notista della Gazzetta del Sud responsabile di Osservatorio Internazionale