DECEDUTO L’AVV. GHEDINI, STRENUO DIFENSORE DI BERLUSCONI

DI MARIO PIAZZA

 

Credo che ai morti, quasi tutti, sia dovuto rispetto. Della prematura scomparsa dell’avvocato Ghedini non avrei scritto nulla se il suo più famoso assistito, il pregiudicato Berlusconi, non stesse arringando le folle per distruggere le fondamenta del sistema giudiziario italiano basato non solo sulla assoluta indipendenza della magistratura ma anche sulla perfetta simmetria, purtroppo soltanto teorica, tra accusa e difesa.

La Giustizia è tragicamente di classe, lo sappiamo. Da una parte c’è il potere di cui dispongono gli inquirenti, sempre lo stesso che si tratti di un furto d’auto o di una truffa miliardaria, e dall’altra c’è il diritto alla difesa che a seconda dei quattrini di cui dispone l’indagato può essere esercitato dal peggiore degli scalzacani purché in possesso di una laurea in legge oppure da pattuglie di avvocati esperti e costosissimi capaci di scovare tra le pieghe dell’ordinamento giudiziario anche il più invisibile cavillo per sabotare i processi.

A Berlusconi e al suo degno avvocato non bastava. Per decenni hanno infilato la politica nelle vicende penali dell’ex-cavaliere svillaneggiando il parlamento con la totale assenza del defunto avvocato inopinatamente senatore, troppo impegnato nei suoi contatti con giudici come l’ormai dimenticato Mills e testimoni pesanti come le Olgettine.

Oggi, senza ombra di pudore, Berlusconi vorrebbe eliminare i diversi gradi di giudizio a cui può ricorrere l’accusa in caso di assoluzioni poco convincenti lasciandoli invece intatti per gli imputati che non l’hanno fatta franca al primo processo.

Una barbarie giuridica fatta passare per protezione dei cittadini, quasi che fossimo tutti inquisiti, condannati e miliardari come lui.