BANK OF ENGLAND UFFICIALIZZA L’INFLAZIONE AL 10,1% E SCOPRE L’ULTIMA BUGIA DI BORIS

DI PIERO ORTECA

 

L’inflazione, nel Regno Unito ha sfondato il muro psicologico delle due cifre, 10,1% per l’esattezza. La Banca d’Inghilterra aveva visto giusto, persino nei decimali, e il governo “si era sbagliato”. Pessima notizia, perché arriva dopo i ripetuti interventi di rialzo dei tassi, decisi dall’istituto centrale di emissione londinese. E con un’inflazione al 10,1% il Paese adesso traballa.
La situazione inglese, caso-scuola per tutti i governi dell’Eurozona.

 

Riassunto delle disgrazie precedenti

La pandemia, lo sconvolgimento della catena degli approvvigionamenti, l’invasione russa dell’Ucraina, hanno messo a soqquadro l’economia del pianeta. Si sono create così le condizioni per lo sviluppo di un’anomalia “patologica”, particolare dei sistemi produttivi: la stagflazione. Un mix di inflazione e stagnazione, capace di mettere in ginocchio un Paese o, addirittura, intere aree geografiche.

L’isola e l’Europa

Ciò che accade nel Regno Unito anche per riflettere su e ciò che potrebbe accadere (e che succederà) nell’Eurozona, dove la BCE, la Banca Centrale Europea, a giudizio di molti analisti (tra cui il nostro) ha traccheggiato, perdendo tempo prezioso. In sostanza, anziché prendere di petto, immediatamente, la crescita esponenziale dei prezzi, ha fatto “politica”. Lasciando i tassi fermi, per evitare un rallentamento della crescita. Risultato: l’inflazione è salita ugualmente e tutti i Pil ora sono in frenata. Né vale mostrare (capziosamente) statistiche comparative con periodi pandemici precedenti. I raffronti dei presunti miglioramenti, se parametrati ai cicli di crisi indotti dalla pandemia, valgono zero, come affidabilità di diagnosi sulla salute del sistema.

Regno Unito caso scuola

Nel Regno Unito non si voterà, ma, in un certo senso, per ora si confrontano due scuole di pensiero, sulla strategia migliore per controllare l’inflazione. L’implosione del Partito conservatore, le dimissioni di Boris Johnson e la corsa alla sua successione, hanno messo, uno di fronte all’altro due candidati premier: Rishi Sunak, Cancelliere dello Scacchiere, e Liz Truss, Ministra della Difesa.

L’economista e la guerriera

Il primo, in pratica il Ministro del Tesoro, è più restio ad allargare i cordoni della borsa per finanziare bonus e sussidi. Teme di aumentare ancora la massa monetaria, alimentando la domanda e continuando a fare pressione sui prezzi. L’analisi disaggregata dell’inflazione inglese, infatti, mostra che a farla decollare, in particolare, è stato il “carrello della spesa”. Cresciuti notevolmente anche i costi dei servizi. La Truss, invece, che non ha grandi competenze economiche (ma viene considerata un’arrabbiata “guerrafondaia”), vorrebbe “inseguire” l’inflazione. Adeguando parzialmente i salari ai rialzi dei prezzi. È un bel rebus, perché secondo molti esperti, a ogni aumento delle paghe potrebbe sommarsi un ulteriore rialzo del costo della vita. In una spirale difficile da bloccare.

Necessità sociali pronte ad esplodere

Ovviamente, tra la teoria economica e le necessità sociali c’è un abisso. La stessa BBC ha pubblicato un report, dove si dà notizia delle massicce proteste attuate dai dipendenti statali, che hanno visto il potere d’acquisto dei loro stipendi decimato dall’inflazione. Forze armate, insegnanti, personale non docente, Servizio sanitario nazionale, civil servants, dipendenti di Poste e telecomunicazioni hanno avuto aumenti tra il 3 e il 5%. In pochi casi, per le categorie di base, ci si è spinti fino all’8,9%. Subito sono scattate le proteste e gli scioperi. Anche perché la contrattazione, nel settore privato, è riuscita a spuntare aumenti intorno al 7% che, tuttavia, rimangono ben al di sotto del tasso d’inflazione.

La sterlina inciampa e si fa male

La caduta del potere d’acquisto della sterlina viene giudicata come “la più rovinosa degli ultimi vent’anni”. Anche gli altri due candidati premier dei Tories (che, comunque hanno meno probabilità di essere scelti), e cioè Penny Mordaunt e Kemi Badenoch hanno escluso un aumento generalizzato delle retribuzioni. Molto critica e decisamente pessimistica la lettura che, del vortice inflazionistico, dà il Financial Times, secondo il quale l’aumento dei prezzi dell’energia e quello dei salari, nel settore privato, sono stati forti elementi di pressione. Il vero problema, adesso, è che la Bank of England dovrà spingere ancora i tassi al rialzo, mentre contemporaneamente prevede almeno un anno e mezzo di recessione. Una vera emergenza economica, che potrebbe portare il Paese a confrontarsi con serie turbolenze sociali.

Governi e piazze

“Quello inglese è un campanello d’allarme, di cui non solo il Regno Unito deve tenere conto, ma che dev’essere considerato attentamente da tutta l’Eurozona. Specie da quei Paesi dove si voterà, e i cui governi eletti potrebbero essere chiamati, immediatamente, dalla piazza, a rendere conto e ragione di promesse elettorali difficili da mantenere.”

 

Di Piero Orteca

Da:

18 agosto 2022

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PIERO ORTECA

Piero Orteca, giornalista, analista e studioso di politica estera, già visiting researcher dell’Università di Varsavia, borsista al St. Antony’s College di Oxford, ricercatore all’università di Maribor, Slovenia. Notista della Gazzetta del Sud responsabile di Osservatorio Internazionale.