GLI USA SI SCOPRONO PRINCIPALI FORNITORI DI SOFISTICATE TECNOLOGIE MILITARI AI CINESI

DI PIERO ORTECA

 

 

Gli Stati Uniti che considerano lo sviluppo tecnologico della Cina una delle minacce più serie alla sua sicurezza nazionale. Ora il Wall Street Journal scopre e denuncia che quelle esportazioni miliardarie volano, anche se a rischio di qualche armamento iper veloce in più nella mani dell’avversario politico-militare chiave.
E scopriamo che la superpotenza che sta imponendo severissime sanzioni che stanno sconvolgendo molte economie, le nostre europee per prime, in realtà bada molto di più ai fatti economici suoi che alla sempre evocata ‘sicurezza del pianeta’, partendo dalla sua.

 

 

Sicurezza nazionale. Di chi e come?

La sicurezza nazionale si difende in molti modi. Il primo, senza alcun dubbio, è quello di non fornire all’avversario informazioni sulle tue tecnologie avanzate. Beh, l’impressione, non solo nostra, ma manifestata anche da autorevoli analisti, è che gli Stati Uniti proprio in questo settore, che fonde ricerca e commercio, stiano peccando di leggerezza. Per non dire peggio. Cominciamo dalla fine, proponendo subito il titolo di coda, che potrebbe essere questo: “Così l’Amministrazione Biden sta armando la Cina del Terzo millennio”. Il report, sparato, in prima pagina dal Wall Street Journal, lancia pesanti accuse contro la Casa Bianca basate su fatti sorprendenti, salvo qualche possibile sospetto sulle ormai vicine elezioni politiche di Senato e Congresso.

Tecnologie spaziali e ipersoniche

Nonostante tutti gli allarmi espressi sul pericolo di esportare, proprio in Cina, beni costruiti negli Usa con tecnologie sofisticate, il risultato è che a Pechino arriva di tutto. Roba “spaziale”, che però può essere impiegata anche in campo militare. Kate O’Keeffe documenta che gli Stati Uniti “approvano praticamente quasi tutte le esportazioni di tecnologia in Cina, secondo i dati resi noti dal Dipartimento per il commercio”. E questo, aggiungiamo noi, nonostante sia già stato sottolineato, ripetutamente, il rischio per la sicurezza nazionale di un tale tipo di business.

Il controspionaggio e gli affari

Lo scorso anno, il controspionaggio americano ha annunciato di avere sottoposto al governo federale una lista di priorità. Nel documento si raccomandava la massima vigilanza su cinque settori tecnologici chiave, tra semiconduttori e biotecnologie. Il direttore ad interim del National Counterintelligence and Security Center, Michael Orlando, aveva detto che la sua agenzia era convinta che potenze, come la Russia e la Cina, stessero cercando di impossessarsi di know-how a uso commerciale e militare, su intelligenza artificiale, robotica, calcolo quantistico e utilizzo di armi da remoto, come i droni sottomarini. Materiale scottante di cui andava assolutamente vietato il trasferimento.

Divieti economici solo in conto terzi?

Invece, non se n’è fatto niente e le statistiche sono impietose. Secondo i documenti resi noti dallo stesso Dipartimento per il commercio, i controlli di legge sono stati praticamente inesistenti. L’Amministrazione si è rivelata incapace di filtrare la tecnologia diretta in Cina. Il Wall Street Journal scrive che “su 125 miliardi di dollari di esportazioni verso la Cina nel 2020, il Dipartimento del commercio ha chiesto l’autorizzazione solo nello 0,5% dei casi. E di quest’ultima minima percentuale, le autorità hanno fatto passare ben il 94% dei beni”. Quindi, il valore totale delle esportazioni fermate per presunte violazioni delle norme sulla tecnologia (e transitivamente per il rischio arrecato alla sicurezza nazionale) si aggira sui 30 milioni di dollari. Niente.

Export Control Reform Act

Nel 2018, infatti, era stato approvato l’Export Control Reform Act, che impone al Dipartimento per il commercio di rafforzare il controllo sulle tecnologie emergenti. Cosa che non è stata fatta (almeno in maniera adeguata). Secondo i dati delle Nazioni Unite, ad esempio, negli ultimi anni il solo export di microchip dagli Stati Uniti verso la Cina è triplicato, passando da 2, 6 miliardi di dollari a quasi 7 miliardi nel 2021. Questa può essere una delle risposte più ovvie all’incredibile modernizzazione subita dalle forze armate cinesi, che hanno sviluppato, in pochissimi anni, sistemi d’arma di qualità quasi pari a quella occidentale. Spingendosi, in alcuni casi, addirittura più avanti, come testimonia lo sviluppo di missili balistici “ipersonici”.

Polemica ipersonica ed elettorale

Accuse e difesa con bersaglio principale la Casa Bianca. Una delle tesi, esposte dal Wall Street Journal, è che il Dipartimento per il commercio abbia dato precedenza al business, chiudendo un occhio (o tutti e due) sui “danni collaterali”. Il dipartimento del Commercio ha dichiarato di essere concentrato sul lungo periodo e sulla rivalità strategica con la Cina e “di prendere le decisioni sulle esportazioni interagendo con i dipartimenti di Difesa, Dipartimento di Stato e dell’Energia”.

“Secondo i critici, i funzionari del Commercio (ma non solo loro), starebbero dando priorità agli interessi commerciali, mettendo in secondo piano la sicurezza nazionale. Quella degli Stati Uniti, ma non soltanto”.

Di Piero Orteca

da:

17 Agosto 2022

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PIERO ORTECA

Piero Orteca, giornalista, analista e studioso di politica estera, già visiting researcher dell’Università di Varsavia, borsista al St. Antony’s College di Oxford, ricercatore all’università di Maribor, Slovenia. Notista della Gazzetta del Sud responsabile di Osservatorio Internazionale.