LA DEMOCRATICA PELOSI A TAIWAN A RISCHIO GUERRA CON LA CINA? POLITICA USA IN CONFUSIONE

DI PIERO ORTECA

 

Le guerre dei despoti e quelle democratiche e ideologiche.

La Speaker della Camera statunitense andrà in Asia: potrebbe fare visita a Taiwan e si alza ancora la tensione Usa-Cina. Pechino ha minacciato di scortare il suo aereo con caccia militari lontano da casa loro. Kissinger: «Le relazioni tra Cina e Stati Uniti non dovrebbero essere messe in mano ai militari, in particolare quando c’è già un confronto con la Russia. La diplomazia avrebbe dovuto evitare di arrivare a questo punto, anche se ora immagino che sia difficile annullare la missione».

Se la Superpotenza va in confusione

La confusione in politica estera a far da specchio alle folli oscillazioni dell’economia americana. Le incertezze dell’Amministrazione Biden fanno male agli alleati, perché trasmettono un senso di precarietà e di insicurezza della nazione-guida dell’Occidente, in un momento storico di estrema delicatezza. Non è un problema ideologico o di schieramenti. Ma di persone. Semplicemente, l’attuale governance della Casa Bianca non è all’altezza della situazione. L’incapacità di affrontare le crisi, senza alimentare processi di escalation, sembra una degenerazione strutturale della “squadra” di Biden. Oggi, parliamo del rapporto con la Cina, divenuto un vero tormentone.

Nancy ‘Mostra bandiera’ per cosa?

A Pechino (e in molte altre capitali del pianeta) stanno disperatamente cercando di capire se, a Washington, si siano rimangiati tutto quello che finora hanno detto e scritto su Taiwan. Se lo chiedono l’austera BBC e, tra le righe, anche diversi giornali americani, un po’ colti di sorpresa dalle notizie di questi ultimi giorni. Si tratta di questo: la “Speaker”, la Presidente della Camera Usa, la democratica Nancy Pelosi, terza carica dello Stato, ha annunciato che la prossima settimana si recherà a Taiwan. Una visita “per mostrare la bandiera”, fare capire ai cinesi che gli americani sono pronti a tutto per difendere l’isola e per ricordare al mondo che i diritti umani vanno difesi a qualunque costo (un’altra guerra?).

La Cina che ‘non gradisce’ ora si arrabbia

I cinesi hanno reagito in maniera furibonda e hanno accusato gli Stati Uniti di provocazione. In effetti, vista la tensione che si è accumulata negli ultimi sei mesi nel Mar cinese meridionale, forse la signora Pelosi (82 anni), avrebbe potuto scegliere un altro periodo per il suo viaggio. Addirittura, il Ministero della Difesa cinese è arrivato a minacciare “una reazione armata”. Anche Biden ha capito la diversa portata dell’avvertimento cinese e ha detto ai giornalisti che, su consiglio del Pentagono, “avrebbe sconsigliato il viaggio alla signora Pelosi”.

Una figuraccia per molti

Ma chi fa la politica estera negli Stati Uniti?’ si chiede persino la BBC. La Presidente della Camera va Taiwan e la Casa Bianca non sa niente? Ma il viaggio, sicuramente, avrebbe dovuto essere “confezionato” d’intesa col Dipartimento di Stato (Antony Blinken) e con il Consiglio per la sicurezza nazionale (Jake Sullivan). Cioè, con coloro che non perdono occasione per correggere “in corsa” e continuamente tutte le dichiarazioni che Biden fa “fuori copione”.

Chi fa politica estera negli Stati Uniti?

Taiwan. Finora quest’area di crisi è stata gestita in un quadro diplomatico particolare: chiamiamolo di “reciproca tolleranza”. Con il diritto internazionale dalla parte di Pechino (che rivendica il possesso di una provincia “separata”), e la geopolitica, invece, dalla parte degli Stati Uniti. Che difendono l’indipendenza “capitalistica” di Formosa, ma che finora l’hanno fatto “in punta di piedi“, perché si tratta di un “diritto” che discende dalla vecchia logica delle sfere d’influenza. Quelle di Mosca rispetto a Ucraina-Nato, ad esempio. Regole non definite ad applicazione alternata, di solito aiutata con la forza e persino con la guerra. Insomma: nessuno ha torto e tutti hanno ragione, fin che uno solo se la prende.

La Cina superpotenza economica

Le cose, però, col tempo si sono modificate. Perché la Cina ha cominciato a fare concorrenza agli Stati Uniti, prima come potenza economica e poi come gigante politico. Trump è stato il primo ad aprire un vero fuoco di sbarramento, alzando i dazi doganali e irrigidendo la politica estera di Washington verso Pechino. Quando è arrivato Biden, nel suo primo discorso, ha addirittura dichiarato una specie di guerra santa economica contro la Cina. E poi ha dato vita a tutta una serie di iniziative e di dichiarazioni ostili che non hanno fatto altro che gettare benzina sul fuoco, facendo peggiorare i rapporti con la dirigenza del colosso asiatico. Ora, per mettere una pezza al buco della “provocazione” rappresentata dal viaggio della Pelosi, Biden ha dovuto incontrare in videoconferenza Xi Jinping.

Xi in video arrabbiatura

Al di là dei report offerti dai giornali americani, il Global Times, la versione internazionale del Quotidiano del Popolo di Pechino, ha fatto un resoconto in cui riporta parole di estrema durezza da parte di Xi. È stato un pegno che Biden ha dovuto pagare alla confusione del “decision making process” della sua politica estera. E qui torniamo a quello che dicevamo prima, cioè a un Presidente che sembra il terminale di scuole di pensiero (strategico, economico, di politica sociale) spesso in contraddizione tra di loro.

“Le debolezze di Biden vanno cercate nella scarsa omogeneità dei suoi “advisors” o, peggio, in quelle (vaste) aree del Partito Democratico che hanno già deciso di non ricandidarlo per un secondo mandato”.

Di Piero Orteca da:

30 Luglio 2022