STAZIONE SPAZIALE INTERNAZIONALE A RISCHIO: LE “CONTROSANZIONI” DELLA RUSSIA IN ORBITA

DI ENNIO REMONDINO

 

Il direttore generale di ‘Roscosmos’ ha annunciato che Mosca lascerà l’accordo per la Stazione spaziale internazionale nel 2024. Il ritiro totale sarebbe complicato e costoso, annota Marcello Spagnulo su Limes.
Quindici paesi collaborano da quasi trent’anni sulla base dell’accordo del 1998. In questo momento a bordo, anche l’italiana Samantha Cristoforetti col ruolo di comandante del segmento orbitale americano Usos. Mentre i russi -da separati in casa-, comandano negli spezzoni spaziali loro.

Roscosmos, il cosmo russo

Il 16 luglio, a cinque mesi dall’avvio della guerra in Ucraina, il presidente russo Putin ha rimosso Dmitrij Rogozin, dal 2018 direttore generale dell’agenzia spaziale Roscosmos, per sostituirlo con Jurij Borisov, fino ad allora vice primo ministro russo con delega alla Difesa. La mossa è stata letta dai media occidentali come l’ennesima epurazione all’interno della cerchia ristretta di Putin. «Un segno dell’incipiente debolezza dell’entourage presidenziale», per molta stampa occidentale.

«Con tutta probabilità, nulla di più sbagliato –la valutazione di Spagnulo su Limes-. Tali crepe sono perlopiù un desiderio che gli occidentali proiettano sul Cremlino».

Rinnovato impegno russo nella spazio

La sua nomina appare invece come segnale di rinnovato impegno russo nello Spazio. Impegno e minaccia assieme. Come primo gesto, il 26 luglio Borisov ha dichiarato alla stampa «la decisione di lasciare la Stazione spaziale internazionale dopo il 2024». Non subito e neppure come. Il tempo largo per rivedere le guerre e tensioni internazionali in corso. «Non appena le agenzie di stampa hanno lanciato la notizia, in molti hanno fantasticato sulla possibilità che i moduli russi si distaccheranno dalla Iss, spingendola così verso un’inarrestabile caduta nell’atmosfera. Un crescendo degno di un disaster movie hollywoodiano».

Quando Reagan e Gorbaciov

Nei primi anni Ottanta, all’apice della guerra fredda, fu il presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan ad avviare le discussioni per una stazione spaziale internazionale che si sarebbe dovuta chiamare «Freedom». Morta l’Unione sovietica, cadavere politico ancora caldo, nel 1993 Bill Clinton decise di includere la neonata Federazione Russa, invitando Boris Eltsin a partecipare all’avventura spaziale. Ma come è noto, Vladimir Putin considera quel periodo come una svendita del proprio paese all’Occidente. Legami di un passato che è tempo di chiudere, rinegoziando l’accordo o ritirarsi dalla cooperazione. L’ultimo rinnovo, firmato anni fa, ha validità sino al 2024. La Russia ha quindi tutto il tempo per ufficializzare il suo preavviso di ritiro. Ed è esattamente ciò che sta facendo.

Due Stazioni spaziali messe assieme

  • La Iss è una combinazione di due stazioni spaziali.
  • La prima è il segmento americano (con i moduli europeo e giapponese), la secondo quello russo.
  • Quest’ultimo ha sei compartimenti.
  • Zarya, con funzioni logistiche;
  • Zvezda, fondamentale per la stazione;
  • Rassvet, nodo di attracco;
  • Prichal, nodo di ormeggio.
  • Quindi ci sono i due moduli per la ricerca scientifica, Poisk e Nauka.
  • Benché il segmento russo valga il 17% della massa totale della Iss, il suo apporto è fondamentale.
  • Quando Zvezda è agganciata al cargo russo Progress, può azionare potenti motori per alzare l’orbita della stazione e non farla cadere nell’atmosfera.

Amputazione elettromeccanica

In teoria, un distacco totale della parte russa è possibile, ma richiederebbe una vera e propria amputazione elettromeccanica. I due segmenti sono strettamente interconnessi e svolgono funzioni necessarie per l’intera stazione. Alcune sono duplicate, molte altre no. La propulsione per innalzare l’orbita è compito esclusivo dei russi. Per questo di recente la Nasa sta provando manovre alternative mediante le astronavi Dragon e Cygnus. «Eppure, il divorzio cosmico tra russi e occidentali potrebbe essere politico più che tecnologico. Ricorda molto la politica di Mosca sul gas e sulle sanzioni».

Astronautica ‘a gas’

È probabile che la Russia voglia trattare il ritiro del suo segmento come previsto dagli stessi accordi di nascita. «Il modo più semplice per danneggiare i partner e probabilmente le permetterebbe pure un certo guadagno. Roscosmos potrebbe provare ad affittare o cedere il suo segmento, permettendo la continuità della Iss, magari attraverso un pagamento in rubli russi», la sintesi di Marcello Spagnulo con accenni di ironia. «Questa modalità non sarebbe altro che l’applicazione spaziale della strategia di Mosca sul gas». la Russia potrebbe decidere di disconnettere tutti i moduli, operazione complicata e costosa. O staccare solo i due moduli più nuovi, Nauka e Prichal, e mettere il resto fuori servizio o affittarlo. «A prescindere da quale approccio negoziale la Russia deciderà di perseguire, nei fatti è riuscita a mettere alle strette i partner occidentali».

Prima la Nato ora la Nasa

«Ovviamente l’ultima parola spetterà all’azionista di maggioranza, la Nasa, quindi alla Casa Bianca. Eppure, gli investimenti statunitensi nelle nuove stazioni spaziali di privati – a cui partecipa anche l’Italia – sembrano segnare il destino della Iss».
La Cina sta assemblando in orbita terrestre la sua stazione spaziale. Per garantire la leadership degli Stati Uniti nello Spazio è quindi di primaria importanza sostituire la Iss con stazioni commerciali entro la seconda metà di questo decennio. È una prospettiva sconfortante per i più sinceri appassionati di astronautica. Tuttavia, esattamente come nel caso della Terra, lo Spazio deve fare i conti con la realtà della geopolitica.
«In fondo, è come quando dobbiamo deciderci a cambiare una vecchia automobile con il motore a fine corsa, ma a cui siamo affezionati. Non appena saliamo su quella nuova siamo felici di percorrere nuove strade».

                                                                               Da Limes, carta di Laura Canali

Editoriale da:

29 Luglio 2022