QUELLA CAREZZA…

DI ORSO GRIGIO

 

L’affetto, in ogni sua forma, non ha bisogno di verifiche né di conferme, non gli servono prove.
Quella è la scienza, coi sentimenti funziona in un altro modo.
Io Vittorio De Scalzi non l’ho mai conosciuto, eppure quell’affetto che non chiede niente l’ho sempre provato. Per me è sempre stato un amico, un compagno di viaggio che ha reso il viaggio più facile.
Fin da ragazzino quando con Fernando si imparava a suonare la chitarra e venni folgorato da ‘Senza Orario senza bandiera’, l’album scritto con la collaborazione di Fabrizio De André, il primo a ‘tema’ ad essere pubblicato in Italia.
Erano avanti, i New Trolls, musicisti veri dal talento spaventoso, e Vittorio su tutti. Quell’album lo imparai tutto, e potrei rifarlo adesso, da “Ho veduto nascere il sole dai ghiacci di Thule” a “Ti ricordi Joe, era tardi laggiù, coi fucili nascosti tra i fiori” a tutte le altre.
Qualcuna sotto di un’ottava, perché la voce di Nico ce l’ha solo Nico, ma potrei rifarlo.
E poi “Signore io sono Irish, quello che non ha la bicicletta”, quante volte l’ho suonata e cantata… Andrea mi odia per questa canzone, per lui era una specie di incubo e ogni volta che la attaccavo mi mandava affanculo.
Un po’ era per gioco, ma un po’ anche no.
In realtà l’ossesso ero io.
Sono, io.
E’ sempre stato il mio gruppo preferito.
C’erano la PFM, il Banco, Le Orme, Gli Area, e quelli più commerciali che si alimentavano a cover ma che ascoltavo e che mancano lo stesso, ma loro erano avanti.
A Genova, dove in quegli anni nascevano fenomeni, non ce n’era per nessuno.
I più fenomeni erano loro.
Ci sono cresciuto con le loro canzoni: “Annalisa, Sensazioni, Visioni, Davanti agli occhi miei, Nuvola bianca”, e qualche altra decina che adesso dimentico… e ancora “Una Miniera”, struggente e bellissima che da giovane ho perfino cantato nella sua tonalità originale.
E’ successo una volta sola, ma lo sapete, per me di rado è abbastanza.
Erano fortissimi, i New Trolls. Sperimentavano, osavano, ficcavano il naso dappertutto come per quella meraviglia totale del “Concerto Grosso”.
E poi “Quella carezza della sera”, che ogni volta mi prende l’anima e la centrifuga fra le lacrime, e il perché si capisce.
Vittorio era uno di famiglia, l’ho sempre seguito nelle mille reunion fatte e poi di nuovo sciolte della travagliata vita di questo gruppo, e nella sua carriera da solista, nei concerti che ha fatto da solo, come il bellissimo “Il suonatore Jones”.
Lui e Nico sono sempre stati i miei riferimenti.
E non si è mai fermato, non ha mai smesso di suonare. Era sul palco di Sanremo poche sere fa, quando la malattia aveva già deciso della sua sorte, perché con le passioni si fa così.
Quella carezza ha continuato a raccontarcela fino a quando ha potuto, e con lo stesso, dolcissimo sorriso, che ce la rendeva un sogno possibile.
Vittorio era un amico, e quando si perde un amico fa male.
Ma voglio salutarlo ricordando quel sorriso, e con quella stessa carezza, e dirgli che non è male dove stai andando, ci troverai musicisti straordinari e per uno curioso come te ci sarà da divertirsi.
E ritroverai ancora Giorgio, e Fabrizio.
Ne avrete di cose da raccontarvi.
Peccato non esserci.
Ciao, amico mio.
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