CHRISTINE LAGARDE COME AMLETO A HELSINGOR: “INFLAZIONE O RECESSIONE? QUESTO E’ IL DILEMMA”

DI PIERO ORTECA

 

Viviamo in un mondo probabilistico, che calza a pennello all’economia, che non è una disciplina sempre “esatta”. Certo, quando più “trend” vanno nella stessa direzione, allora le previsioni possono diventare sentenze anticipate. Quasi un anno fa, parlando di Eurozona, avevano cominciato a presagire, quasi esorcizzandoli, scenari da “stagflazione”.
La “tempesta perfetta”, nel Vecchio continente, ha sommato, sovrapponendole, inflazione e stagnazione economica. Ma c’è di più, a complicare le cose. I segnali sono ancora più gravi, perché indicano un’incipiente recessione. E di quelle pesanti.

Financial Times e Wall Street Journal

Ieri, i dati forniti, in prima pagina, dai quotidiani specializzati, Financial Times e Wall Street Journal, sono il termometro di un malessere che parte da lontano e che arriverà lontano. “L’attività economica nell’Eurozona scende al minimo da 17 mesi – titola FT – aumentando i timori di una recessione”. Calo degli ordini e aumento dei prezzi sono stati una combinazione mortale, nell’affossare l’attività produttiva. Secondo gli analisti del prestigioso quotidiano finanziario britannico, ci sono indicatori precisi che l’area dei 19 Paesi euro “si sta dirigendo verso una forte flessione economica”. Uno studio di Standard and Poor’s indica che, nell’ultimo mese, produzione e ordinativi sono crollati a livelli prepandemici.

“Decrescita” per non dire recessione

Il problema è che tutte queste contrazioni arrivano nel momento più sbagliato, cioè quando la BCE ha appena alzato di 50 punti base i tassi d’interesse, per combattere l’inflazione. Questa mossa, non solo indispensabile, ma da molti analisti ritenuta anche tardiva, avrà un impatto negativo aggiuntivo sui vari sistemi produttivi. Contribuendo a limitarne ancor di più la crescita o, sarebbe meglio dire, ad accentuarne la decrescita. E qui veniamo al nocciolo del problema, che affligge l’Unione, la cui omogeneità economica esiste solo sulla carta. In effetti, i valori inflattivi e di Pil offerti dalle statistiche sono solo una media ponderata. Ma la realtà è a macchia di leopardo. Esistono aree con pesanti inflazioni e altre aree che sono già in recessione conclamata.

Più politica che finanza

Ergo: la Banca centrale europea deve scegliere una linea di mediazione, che accontenti tutti. Cioè deve fare “politica”, più che “finanza” pura. Un bel rebus, perché le aspettative dei mercati cominciano a essere divergenti. Anzi, schizoidi.

  • Melanie Debono (Pantheon Macroeconomics) pensa che la BCE alzerà i tassi meno di quanto i mercati si aspettino, anche se sono in arrivo ulteriori aumenti.
  • Chris Williamson (S&P Global market intelligence), invece, ritiene “che il peggio arriverà nei prossimi mesi e che l’attività economica dell’Eurozona si contrarrà nel terzo di trimestre”.
  • L’analista di FT, Martin Arnold, riflette su un fenomeno molto diffuso, che potremmo definire di “speculazione inflazionistica”. In sostanza, magazzini pieni e prezzi alti hanno bloccato il ciclo delle scorte.
  • Le fabbriche hanno disdetto molti ordini di materie prime e semilavorati e hanno anche abbassato il consumo di energia. Inoltre, assumono di meno.
  • Tutto questo dovrebbe far calare il tasso d’inflazione. Ma invece i prezzi rimangono alti, anche per un gioco speculativo, mentre la recessione avanza.

Colpe ecumeniche

Le colpe? Complesse ed ecumenicamente condivise. Perché, c’è una componente globale legata ad eventi imponderabili (la pandemia e le alterazioni di ciclo post-pandemiche), una che si collega a un accidente geopolitico (l’invasione dell’Ucraina) e il resto sono un coacervo di scelte sbagliate. O di non scelte. Economiche, finanziarie e, prima di ogni cosa, nello spinoso campo delle relazioni internazionali. Certo, la Federal Reserve non è la BCE, nel senso che può funzionare veramente secondo i canoni di una banca centrale. Quella europea no. Come abbiamo visto, ha dei limiti “costituzionali” dovuti alla stessa composita istituzione che rappresenta. Sentite cosa scrive a questo proposito il Wall Street Journal: “I tassi più alti della BCE aumenteranno il costo del prestito per sostituire le obbligazioni in scadenza di alcuni dei membri più indebitati della zona euro“.

Il dubbio di Amleto

Ciò sta costringendo la banca a un delicato atto di equilibrio e potrebbe mettere alla prova la coesione del blocco nei prossimi mesi, in un contesto di rallentamento o di crescita negativa”. Insomma, la povera Lagarde costretta a girare, come Amleto, col teschio dell’economia europea in mano: “Inflazione o recessione? Questo è il dilemma”.

 

Di Piero Orteca

Da:

23 Luglio 2022