BIDEN IN ISRAELE E DAI SAUDITI PER LA GUERRA ALLA RUSSIA. PUTIN IN IRAN A COLPI DI PETROLIO

DI PIERO ORTECA

 

Biden ‘d’Arabia’ in cerca di un po’ di buona sorte ma il New York Times gli dice di andare in pensione. Sparuta cronaca da Gerusalemme per fusi orari, con cerimonie pubbliche scontate e questioni vere affrontate nella segrete stanze.
Subito l’inciampo del consigliere per la Sicurezza nazionale Usa che per compiacere i palestinesi parla di un «Consolato nella parte est della Città Santa», dimenticando che era stato chiuso nel 2019 da Trump.
Mentre Biden ormai in guerra permanente sul fronte russo avverte l’Iran che aspetta la visita di Putin: “Pronti a usare la forza per fermare l’atomica”.

‘Viaggio ad alto rischio’

Biden si dirige in Medio Oriente in un viaggio ad alto rischio”, titola, significativamente, il Wall Street Journal. E il New York Times, in un certo senso, gli fa eco aprendo con: “In un viaggio di quattro giorni in Israele e in Arabia Saudita, il Presidente ha molto meno influenza di quanto vorrebbe per dare forma agli eventi. Sullo sfondo ci sarà anche la politica della guerra in Ucraina”. Ma solo sullo sfondo. Perché le “urgenze”, per la Casa Bianca, come andiamo ripetendo da settimane, sono altre. E infatti, il NYT titola, corto e netto: “Biden visita il Medio Oriente per discutere di petrolio, Iran e legami più forti”. Ma siccome, checché ne dicano i leader politici occidentali, siamo già in guerra (diplomatica ed economica, per ora) con la Russia, ecco che arriva, improvvisa, la risposta di Putin.

Putin presto a Teheran

Il capo del Cremlino visiterà, a sorpresa, l’Iran la prossima settimana, come annuncia l’edizione di ieri del Teheran Times. Dopo l’incontro con Raisi a Mosca, gli ayatollah si sono legati ai russi e fanno loro da “sponda” per aggirare le sanzioni. E molto altro. Controllano Hezbollah in Libano (al confine con il Golan) e le milizie sciite che operano in Siria, al fianco di Assad. Inoltre, stanno tirando dritto sulla questione del nucleare, ponendo nuove condizioni, per firmare l’accordo di Vienna. Così, dopo averli blanditi per convincerli ad aumentare l’export di greggio (e a non aiutare la Russia) Biden li ha mollati.

“Ieri, quindi, il Presidente Usa è arrivato in Israele più confuso che persuaso. Anche perché, appoggiandosi su Gerusalemme, deve “ricucire” i rapporti con Mohammed bin Salman, l’uomo forte dell’Arabia Saudita, che in uno dei suoi (soliti) accessi d’ira aveva insultato (e minacciato) di mala maniera. “Farò di lui un paria”, aveva tuonato imprudentemente”.

Dispotismo misurato a barili di petrolio

Il regime di Riad è l’ago della bilancia del Golfo Persico ed è, soprattutto, il cane da guardia delle tentazioni espansionistiche dell’Iran sciita. Ma gli Stati Uniti hanno assoluto bisogno di “baciare l’anello” di bin Salman (l’espressione è di Aaron David Miller, politologo Usa), soprattutto perché i mercati dell’energia, ormai, stanno devastando l’economia planetaria. Se l’Opec non aumenta la produzione di petrolio, in misura ben più massiccia di quanto abbia finora marginalmente deciso, allora l’economia globale andrà rapidamente in crisi. E l’inflazione devasterà grandi e piccoli, dallo Sri Lanka in su, per capirci.

Crisi Usa bomba sul mondo

Quando Biden è partito dagli Usa, l’inflazione americana era all’8,6%. Quando è atterrato in Israele, gli hanno comunicato, scioccandolo, era già al 9,1 per cento. Il suo messaggio (“è colpa di Putin”) evidentemente non è passato. Anche perché l’inflazione stava già crescendo robustamente già prima dell’invasione russa. La “compartecipazione” del Cremlino c’è senz’altro, ma Casa Bianca e Federal reserve hanno reagito scompostamente e troppo tardi. Ora, Biden ha capito che il gioco di “sanzioni” e “controsanzioni” gli si sta ritorcendo contro.

Sanzioni ed elezioni a perdere

Gli alleati del Presidente – scrive il WSJ – temono che questo viaggio possa concludersi senza progressi sostanziali su questioni energetiche o di diritti umani, facendolo tornare, in gran parte, a mani vuote negli Stati Uniti, dove sta lottando con bassi indici di approvazione e prezzi alti in vista delle elezioni di Medio termine”. E in ogni discorso di foreign policy Usa, rispunta, magicamente, la parola “Mid term”, le elezioni di novembre per il Congresso. Che, sondaggi alla mano, i Democratici si preparano a straperdere. Si cerca, dunque, il colpo di coda. Il problema, però, è che gli scenari geopolitici cambiano quotidianamente. Per non parlare di quelli economici e finanziari.

Incubo Netanyahu-Trump non solo Usa

Esempio: in Israele Biden incontrerà un governo dimissionario, quello di Lapid, perché si andrà presto a nuove elezioni. Con “Bibi” Netanyahu in agguato e (pare) pronto a riprendere in mano lo scettro. Al di là dei sorrisi, non c’è mai stato gran feeling politico tra Biden e “Bibi”. Ergo, il Presidente americano dovrà stare attento a quello che dice, per non doversi poi rimangiare eventuali impegni, se al potere dovesse tornare il Likud. E poi, con l’aria che tira, bin Salman, in Arabia Saudita, scommetterà sull’America in affanno di un Presidente dai quale già, nel suo stesso Partito Democratico, molti cominciano a prendere le distanze?

Il New York Times firma l’addio

La maggior parte dei democratici non vuole che Biden si presenti alle elezioni del 2024… con il Paese attanagliato da un pervasivo senso di pessimismo, il Presidente è in emorragia di consensi…solo un misero 33 per cento ha approvato il suo lavoro”. Insomma, prima se ne va e meglio è. Per tutti. Ma soprattutto per il Partito Democratico. E sapete chi ha scritto questa “lapide” politically uncorrect sul povero Biden?

“Il New York Times, il giornale più “liberal” di tutti, che fa e disfa i Presidenti americani. Ma che quando fiuta il vento, li getta ai pescecani, dopo avergli fatto fare un giro di chiglia”.

Di Piero Orteca 

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14 Luglio 2022