CRISI SRI LANKA, ASSAGGIO DI UNO SQUILIBRIO GEOPOLITICO GLOBALE

DI PIETRO ORTECA

 

Assalto alla residenza presidenziale da parte di un popolo affamato e infuriato, e il presidente Gotabaya Rajapaksa si salva fuggendo. Governi che non riescono a domare la crisi economica che segue la pandemia a colpi di inflazione, tra disperazione e rabbia la rivolta della popolazione in preda alla paura, e interi Paesi che letteralmente si disgregano.

                           People talk and gesture at a conference room in the President’s palace, in Colombo, Sri Lanka, 10 July 2022

Tra Paese reale e Paese legale

Lo Sri Lanka, l’esotica isola delle spezie, in questi giorni è diventata una specie di “cavia” di ciò che potrebbe succedere, da un giorno all’altro, in almeno metà del pianeta. Il Paese reale (gli affamatissimi cittadini), messo spalle al muro, ha semplicemente dato l’assalto al Paese “legale”. Cioè, al Palazzo, tanto per capirci. La folla inferocita ha devastato la casa del Presidente della Repubblica, Gotabaya Rajapaksa, e ha dato la caccia al Primo Ministro, Ramil Wickemesinghe. Scene dantesche, insomma. Ma se andiamo ad analizzare le vere origini del collasso sociale e istituzionale, troviamo una costante che ci preoccupa: quando la curva del reddito scende, sotto la soglia di sopravvivenza, allora il popolo diventa capace di tutto.

Soglia di sopravvivenza

La classe dirigente dello Sri Lanka ha fatto scelte infelici, mettendo in crisi un Paese bellissimo, un vero tempio della natura. Si sono caricati di debiti “per fare bella figura” e rafforzare un consenso di cui, per la verità, avevano bisogno solo per mostrarsi all’estero “rispettosi delle regole”. Se no, non gli avrebbero prestato i soldi. Così hanno programmato infrastrutture e altri progetti faraonici. E soprattutto si sono comprati la benevolenza dei cingalesi, abbassando le tasse a casaccio. Ma siccome la fortuna è cieca, ma la scalogna ci vede benissimo, sull’isola si è concentrata la tempesta perfetta fatta di pandemia, shock economico post-pandemico e danni collaterali della sciagurata invasione russa dell’Ucraina.

Pandemia, economia, guerra

A questo punto, le decisioni prese per “vincere” le elezioni nel 2019, in primis tagliare le tasse, si sono rivelate un boomerang. Lo Stato è quasi andato in bancarotta. Il coronavirus ha poi congelato i flussi turistici, provocando un crollo delle entrate di valuta pregiata. Tra le altre cose, credendo di fare una riforma-pilota “avanzatissima”, il governo ha ottusamente messo al bando l’utilizzo dei fertilizzanti, in un Paese che ha già gravi problemi di autosufficienza alimentare. Così facendo, ha praticamente distrutto l’agricoltura e le rese per ettaro sono diminuite della metà. Non occorre essere economisti per capire che i prezzi di alcuni prodotti dei campi sono aumentati del doppio. Stiamo parlando solo di inflazione “domestica”. C’è poi quella che arriva dall’estero per importazioni di energia, materie prime, semilavorati, beni di consumo e beni durevoli. Insomma, un massacro.

L’inflazione che uccide

L’inflazione “ufficiale” è arrivata intorno al 40%. Ma quella reale dev’essere astronomica. Il problema, adesso, è che lo Sri Lanka è stato dichiarato tecnicamente in default, perché non è riuscito a ripagare le obbligazioni assunte con i creditori. Ha bisogno urgente di dollari e per questo, come avviene nella più pura delle prassi che impongono i mercati, sarà necessario bussare alla porta del Fondo monetario internazionale. Lo Sri Lanca ha bisogno urgente di 7 miliardi di dollari. Niente, quando si pensa a quanto si spende per le guerre nel pianeta. Eppure, per un bambino, morire di fame è altrettanto inaccettabile quanto morire per una bomba. In passato, Cina, India e Stati Uniti, in forme diverse, sono stati vicini allo Sri Lanka. Ovviamente, per questioni strategiche, geopolitiche e anche economiche.

Le convenienza geopolitiche

Per un certo periodo, durante la Presidenza Bush, gli americani sono stati presenti anche come consiglieri militari. Ma il governo di Colombo ha sempre giocato su più tavoli, preferendo una sorta di non allineamento. Così, dopo la guerra civile con i Tamil, ha avuto rapporti con Nuova Delhi e, soprattutto, con Pechino. I cinesi, però, secondo il sito di analisi strategica “Stratofor”, in questa fase hanno un po’ mollato. Dopo aver prestato 6.5 miliardi di dollari ai cingalesi, li rivogliono indietro. Per ora si sono presi un porto commerciale. Il Paese è stato praticamente abbandonato a se stesso e l’Occidente, per aiutarlo, adesso pretende “garanzie“. Peggio del modello Grecia per capirci, perché gli ispettori del Fondo monetario internazionale, sono più intransigenti della “trojka” europea. A chiacchiere, si parla di “ristrutturazione” (o cancellazione?) del debito. Bisogna vedere quale de creditori si sacrificherà.

Se si vota con lo stomaco

Nikita Kruscev, che era un vecchio animale politico, diceva ai suoi collaboratori di non preoccuparsi di ciò che pensava la gente. “Tanto, poi, alla fine, votano tutti con lo stomaco”. Beh, se però la politica si parla addosso e fa battaglie solo sui grandi ideali, dimenticandosi di pane e companatico, alla fine della strada c’è sempre uno Sri Lanka che li aspetta.


Di Piero Orteca
Da:

11 Luglio 2022