ITALIA E RALPOLIK DA PERDENTI

DI GIOACCHINO MUSUMECI

 

Oggi si legge spesso “realpolitik”, locuzione brandita per giustificare interessi geostrategici e militari che mercificano popoli. Noi facciamo la nostra parte per rendere impossibile la comprensione dell’occidentalismo acritico che dovremmo sempre applaudire. Oltre l’approccio ottuso al dinamismo storico che ha portato alla guerra, manca nella politica estera italiana e non di meno in quella europea la ricerca dell’ovvio vantaggio economico di cui non c’è traccia.

“Realpolitik” è un approccio tematico privo di sfumature morali ma in quanto tale difficilmente prevedrebbe la distruzione economica della Ue in cambio di un futuro dai connotati imprecisi. Un approccio realistico dovrebbe economizzare perdite e incrementare risorse, non capovolgere scenari devastati o proiettarli in un piano vittorioso onirico e delirante.

L’Italia gravita da mesi in un orbita surreale in cui vertici istituzionali, succubi di Washington, sacrificano cinicamente la nazione e si lanciano in improbabili ipotesi di ricostruzioni dell’est ucraino che l’occidente non riprenderà mai.

C’è differenza tra realpolitik e mancanza di lungimiranza, di capacità: cacciare i Russi indietro, significa vincere militarmente in ucraina. Cioè scatenare la guerra globale che non vuole nessuno. Perciò nel mondo reale l’Ucraina è destinata alla desertificazione.

Intenti democratici e contrapposti alla tirannia incombente non avrebbero comportato il sacrificio di un popolo ma l’ élite occidentale ha considerato la neutralità militare di Kiev troppo poco per gli ucraini, meglio sottoporli al piacevole inferno della guerra che possiamo addebitare comodamente a Putin. Nel frattempo, attenzione, la medesima élite desiderosa di pace sacrifica a Erdogan i rifugiati curdi in Finlandia e Svezia. Il tutto in nome dell’esaltante militarismo che oltre provocare recessione gravissima, sgretola qualsiasi ipotesi di pace futura.

Se si tratta di realpolitik allora anche basta con la retorica sulla lesa Democrazia invocata contro Putin.

Nella concatenazione di vergogne si innesta perfettamente la processione di Mario Draghi & Co presso la corte del sultano Erdogan, fatto che genera ovvi interrogativi; Se va bene la realpolitik di turca, non è chiaro perché il nostro governo, concentrato nella propria realpolitik, non abbia potuto disconoscere l’invasione senza polverizzare il proprio tremulo assetto economico. Erdogan si guarda bene dal rovinare i propri rapporti con Mosca, ben conscio dei danni che ne ricaverebbe.
E noi?

La geopolitica dovrebbe essere attiva e procurare tangibili vantaggi, prendiamo Israele per esempio. Anche Tel Aviv rigetta l’invasione Russa e riconosce la sovranità ucraina, il tutto mentre occupa illegalmente territori palestinesi incassando solidarietà dal democratico occidente.

Realpolitik? Ok, ma se tutto ciò va bene, non si vede perché, oltre cortigianeria acefala, la politica Italiana debba ridursi per forza a un danno per lo stato e i cittadini. Se in nome della realpolitik decidiamo di imboccare la via della vergogna secondo consolidate dottrine suprematiste occidentali, il nostro principio dovrebbe essere almeno quello del vantaggio pratico oltre la asfittica retorica di storiche alleanze a perdere, invece neanche quello. In definitiva che vantaggi offre alla nazione Mario Draghi, premier passivo accompagnato da acrobati risibili nel trapezio della sottomissione.

E’ ovvio che il pubblico sia giunto a desiderarne il decesso politico.

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10 Luglio 2022