SVEZIA E FINLANDIA NELLA NATO ED E’ SUBITO INCIAMPO. CURDI DA ESTRADARE IN TURCHIA, TERRORISTI O PATRIOTI?

DI PIERO ORTECA

 

Cooperazione con Ankara in materia di antiterrorismo’, la formula per coprire la vergogna. Di fatto, consegnare alle affollatissime galere turche, una settantina di presunti terroristi Curdi rifugiati in Svezia e Finlandia candidate Nato.
Curdi terroristi o patrioti perseguitati? I governi promettono ma i parlamenti decidono, spiegano da Stoccolma ma ritorce lo stesso Erdogan, sventolando possibile veto Nato del suo di parlamento
Garanti del ‘tradimento’ -come viene denunciato dall’intero popolo curdo- il Segretario dell’Alleanza Jens Stoltenberg e il presidente Usa Joe Biden, pronto a ricompensare la Turchia con la vendita di quaranta esemplari di F-16 e di ottanta kit di modernizzazione per gli stessi velivoli già in dotazione all’aviazione turca. E altro.
Qualche segreto svelato di una brutta storia tutt’altro che finita.

Qualcuno bara

O forse la politica internazionale sta diventando tutta un imbroglio o, nel migliore dei casi, una pantomima. Nel caso specifico, parliamo della presunta intesa, raggiunta tra la Turchia, la Svezia e la Finlandia, sull’ingresso di Stoccolma ed Helsinki nella Nato. Secondo il sito di analisi americano “Al Monitor”, la realtà dei fatti è molto diversa da come ce la raccontano. Non è vero quello che dicono i turchi e cioè che la Svezia (e la Finlandia) prenderà misure specifiche contro i curdi rifugiatisi in quel Paese. E questo ci fa tirare un sospiro di sollievo. Anche se, diciamolo francamente, la scalcinata diplomazia di questi tempi, non ci dà alcun affidamento.

Prove vere di terrorismo

La Ministra degli Esteri svedese, Ann Linde, ha detto, chiaro e tondo, intervistata da Deutsche Welle: “Non accetteremo alcuna estradizione, a meno che non ci siano prove di terrorismo. I curdi non hanno nessun motivo di pensare che siano in gioco i loro diritti umani o democratici”. Al Monitor dice che, a microfoni spenti, Erdogan sorrideva di sguincio. Anzi, ghignava. Ha sibilato (agli americani, a chi se no?) che l’ultima parola spetterà al Parlamento turco. Insomma, il vertice di Madrid è stato solo un assaggio, il resto del “menù” e il conto finale verrà esibito in corso d’opera e rischia di essere molto salato dal punto di vista geopolitico.

Equilibrio precario

In questo momento, la posizione di Biden negli Stati Uniti (per non parlare del resto del pianeta) è in equilibrio precario. Il Presidente ha bisogno di alzare la soglia di un consenso deprimente (sotto il 40%), perciò cerca riscontri esteri ai disastri che sta combinando a casa. Specie in economia. Il resto viene di conseguenza. Per cui, vista la sostanza dell’affaire, un deprimente gioco delle parti, in cui si fa finta di litigare perché tutto resti come prima, senza perdere la faccia. Dunque, l’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato, che sta praticamente avvenendo a via di (diplomatici) calci nel sedere, che partono da Washington, segue un copione dove, forse, la sicurezza c’entra fino a un certo punto.

Non il merito ma il modo

Non vogliamo discutere il “merito”, perché in fondo Putin se l’è cercata. Ma il “modo”, quello sì. La Turchia si era messa di traverso, alzando levantinamente il “piatto” di quella che, per i “potenti”, resta solo una rischiosa partita di poker “geopolitico”. Dove interessi di parte, a volte più sordidi che nobili, vengono contrabbandati per “valori comuni”. Erdogan, abituato a stare col piede in due staffe, aveva messo in guardia Biden: o gli scandinavi la smettono di ospitare i “terroristi” curdi (e ce ne consegnano 73), oppure possono scordarsi di entrare nella Nato. Figurarsi se Biden, che ha mandato al diavolo, senza voltarsi, milioni di afghani, poteva preoccuparsi di quei poveri cristi senza patria che sognano un Kurdistan che non c’è.

Il tradimento di Madrid

Ufficialmente non è arrivata nessuna indicazione dalla Casa Bianca, ma poi, miracolosamente, al vertice di Madrid, è finita (dicono loro) a tarallucci e vino. Tutto risolto dal cinismo di Joe Biden, dunque? Non è detto. Uscire dal summit spagnolo, senza uno straccio di successo politico, anzi, con la catastrofe del rifiuto turco, sarebbe stata la mazzata finale per il Presidente. Già affossato da sondaggi che, come abbiamo detto, lo dipingono “tra i più incapaci nella storia degli Stati Uniti”. E si sa, purtroppo, a volte, i numeri sono pietre. Ergo, gli americani hanno fatto piroette diplomatiche, per accontentare il sultano. Oltre a fare “pressioni” sugli scandinavi (per l’estradizione dei curdi?), hanno allargato i cordoni della borsa con Ankara e Biden ha dato disco verde per la vendita di un bel numero di F-16 alla Turchia.

L’Erdogan redento e vezzeggiato

Secondo Al Monitor, Biden ha parlato con Erdogan, autocrate famoso per i suoi modi spicci con amici e avversari, coprendolo di elogi. E ringraziandolo per l’accordo “trilaterale” (con Svezia e Finlandia) e per il sostegno all’export di grano ucraino (“you are doing a great job”). È probabile che il premier turco si sia anche impegnato a evitare la programmata operazione di “pulizia dei confini”, che prevedeva l’invasione di una fascia di territorio siriano, nell’estremo nord, controllato dalle milizie curde. Comunque, secondo gli analisti di Al Monitor, gli americani, in questa fase, non hanno molti margini di manovra con Erdogan. Devono tenerselo buono.

“Anche perché, da giorni, va ripetendo la stessa cosa: l’ultima parola su Svezia e Finlandia spetterà al Parlamento turco. Che, quando vuole, se la prende fin troppo comoda. Biden è avvisato”.

 

Di Piero Orteca

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4 Luglio 2022