CHE SERATA DI M…

DI MARIO PIAZZA

 

Era una cena di gala, sul cartoncino dell’invito c’era pure scritto “black tie” per sottolinearne l’importanza e l’eleganza.
Mi presento in abito scuro con tanto di pochette, saloni affollati di bella gente con calici e finger-food tra le mani.
Inutile tendere la mano, saluto con sguardi e cenni del capo a cui nessuno risponde… pazienza.
Per non essere confuso con un cameriere provo a intrufolarmi in uno dei tanti capannelli che parlano del nulla ma appena mi avvicino il capannello si disperde. Provo con un altro capannello, finalmente riesco a dire una banalità qualsiasi ma ottengo soltanto sguardi di commiserazione e qualche risatina.
Vuoi vedere che ho sbagliato festa e sono capitato in un club privatissimo di cui non conosco le regole?
Cerco il padrone di casa, lo vedo circondato da una piccola folla acclamante e genuflessa ma mi avvicino lo stesso. Buonasera… come va… grazie per l’invito… Niente, non mi caga neanche di striscio, è come se fossi invisibile. Talmente invisibile che persino i camerieri appena provo ad agguantare un prosecco guizzano via lasciandomi con il braccio a mezz’aria.
Ma insomma, sarò pure l’ultimo dei cretini ma l’invito l’ho ricevuto come tutti gli altri.
Andate a farvi fottere voi, i vostri abiti da sera e i vostri canapè di gamberetti. Me ne vado, forse faccio ancora in tempo ad aggiustare la serata in qualche vecchia osteria.
Capito, Giuseppe Conte?
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