GRILLINI D’ITALIA

DI MIMMO MIRARCHI

 

Non ho mai creduto nel Movimento grillino perché fin dall’origine si è rivelato un impasto di populismo e qualunquismo che ha impedito alla classe dirigente altre forme di possibile rinnovamento e indotto gli altri partiti a forme di emulazione, colpevolmente preoccupati di perdere ulteriori voti. E quando nel febbraio 2013 approdarono in Parlamento, ancorché forti di un lusinghiero consenso, li definii trappisti dell’ordine dell’apriscatole, perché come frati trappisti, propagandano il bicchiere unico, la seconda classe in treno, la ricerca del bed&breakfast, il rifiuto dell’acqua minerale. Ma poi tengono le braccia conserte, alla cui estremità ci saranno anche mani pulite, ma a che servono?

grilliniConte e Di Maio

 

Poi il rifiuto a Bersani, con tanto di dileggio, di appoggiare un suo governo, l’entrata in uno successivo insieme a Salvini e subito dopo in un altro insieme al Pd, a Forza Italia, a Renzi e alla stessa Lega, in barba al primigenio rifiuto di qualsivoglia alleanza. Tutto questo mentre, di volta in volta, rinnegavano anche gli altri principi per i quali avevano riscosso quell’ampio consenso elettorale. Fino a sfilacciarsi.
Con la loro venuta volevano cambiare il mondo, aprire le Istituzioni come una scatola di sardine, combattere i poteri forti, mandare tutti a casa… ma come tutti i bei sogni, anche questo è svanito nel nulla. Il M5Stelle si è presentato sul panorama politico italiano con trombe e grancasse, pronto a rivoltare l’Italia come un calzino. Vaffanculo e promesse di cambiamento si sono sprecati, poi…
Poi quello che c’era una volta ora non c’è piùAvevano promesso e prospettato una rivoluzione culturale, sociale e politica i cui protagonisti sarebbero stati innanzitutto i giovani. Invece, attraverso una serie di trasformazioni, le basi sulle quali poggiava la rivoluzione annunciata si sono sgretolate per dar vita a una formazione politica che non sa cosa vuole e dove andare. E anche se è diventato un partito di governo e molti suoi protagonisti hanno assunto cariche istituzionali importanti, non è riuscito a capitalizzare quel consenso che lo aveva accompagnato sin dagli albori. Il motivo è presto detto: non si può assumere una posizione anodina e nel contempo far credere che vuoi rivoltare il mondo come un calzino. Specialmente se ti chiami Movimento. Ti muovi, metti la società in subbuglio, vuoi aprire le Istituzioni come una scatoletta di sardine, ma poi navighi a vista e ancora non hai in testa quale forma di società intendi consegnare a chi ha creduto in te. E allora perché meravigliarsi se molti iscritti e simpatizzanti ti hanno voltato le spalle?

Qualcuno, parafrasando in maniera irriverente una vecchia espressione, ha detto che ormai il M5Stelle ha fallito (non esaurito) la sua spinta propulsiva. Ed ora, in questo contesto di nodi aggrovigliati e mai sciolti, la diatriba tra Conte e Di Maio è sfociata nel finale di uno psicodramma incancrenito. Si è dibattuto sull’opportunità di continuare a inviare armi all’Ucraina, ma la vera questione è la cultura politica irrisolta, laddove per anni si è preferito vivere alla giornata e assumere identità contrapposte in base alle convenienze del momento. La verità è che il mondo grillino è figlio di una grande illusione, quella che ha fatto credere a tanti che bastava un “vaffa” per cambiare in meglio la classe politica italiana. Ma, ahinoi, gli stellieri, fatto salvo un esiguo numero, si sono rivelati una miscellanea di incompetenza, improvvisazione e opportunismo che, se non ha peggiorato la classe dirigente del Paese, di sicuro non l’ha migliorata.

Oggi ci si interroga sulle motivazioni che hanno indotto una buona parte di parlamentari a seguire Luigi Di Maio, visto che del cammino intrapreso non conoscono percorso e meta. I malpensanti dicono che alcuni l’hanno fatto per sfuggire alla tagliola del doppio mandato, altri perché morosi sulle quote mensili da versare al Movimento, altri ancora per contrasti insanabili con Conte e Grillo, qualcuno per amicizia con Di Maio e qualche altro, consapevole della sua nullità acclarata, spera di restare a galla attaccato al nuovo salvagente.

Comunque sia, siamo in presenza dell’ennesima scissione, potenzialmente trasformistica, pronta a dar vita all’ennesimo partito, probabilmente più dannoso che utile alla politica italiana e, in questo momento, internazionale. Ma a ben rifletterci quanto è accaduto non era difficile da ipotizzare. Un partito, contrabbandato per movimento, senz’anima, privo di un progetto politico, che fonda tutto il suo essere sulla protesta fine a sé stessa, che avanza solo proposte populistiche, non poteva andare troppo lontano. Anzi, bisogna dire che il fenomeno grillino è durato anche troppo, e non per merito suo ma a causa della persistente mancanza di risposte degli altri partiti.

Nato su precarie fondamenta, oggi il M5Stelle si avvia a morire per lo sgretolamento di esse. Neanche il reddito di cittadinanza, loro maggiore cavallo di battaglia, ha sortito quegli effetti benefici che si proponeva, rivelandosi soltanto una forma di assistenzialismo, per altro vulnerabile a mille imbrogli. E quel che è peggio, nessun grillino si è mai adoperato per varare qualche proposta di modifica migliorativa.
Al punto in cui siamo, sembra che neanche Beppe Grillo sia molto convinto di mantenere in vita la sua creatura politica. Anzi, pare piuttosto infastidito nell’averne ancora un legame. Intanto Giuseppe Conte, chiamato a rilanciare il Movimento, dà l’impressione di essere più aperto a un ritorno al passato che a dotarlo di un progetto credibile e collocarlo in un’area politica ben definita.

Tutto lascia pensare, quindi, che il M5Stelle stia andando alla deriva, perché non è neanche più un Partito, ma una Zarzuela dove ognuno fa quel che vuole e gli conviene. Giuseppe Conte è un comandante senza timone e senza bussola che cerca di tenere insieme una ciurma ammutinata. Tratta con i leader di altri partiti senza mandato alcuno, parla a nome di un gruppo politico che non rappresenta, convoca riunioni che vanno deserte, indica prospettive a cui nessuno crede. Per non dire delle ramificazioni periferiche, dove consiglieri comunali e regionali e semplici attivisti non sanno cosa fare e dove andare. Ma quel che è peggio, sono tanti gli elettori che hanno perso la fiducia.

Una deriva che potrebbe portare al completo naufragio del Movimento, ma anche all’insignificanza del nuovo partito che ha in testa Di Maio, “Insieme per il futuro”. Su questo, a Di Maio mi piacerebbe chiedere: insieme a chi e per quale tipo di futuro? Dopo di che, non per fare il filologo saccente, ma lasciatemi dire che utilizzare l’avverbio “insieme” per un soggetto politico che nasce da una scissione e non dall’aggregazione di più forze politiche è contraddittorio e disdicevole. Le parole sono importanti, hanno un preciso peso specifico, sono pietre.

Inoltre, sempre a lui, ma anche a Giuseppe Conte, mi piacerebbe porre alcune domande. Qual è, rispettivamente, il vostro progetto per l’Italia? quale visione politica avete? come pensate di far uscire l’Italia dalle angustie in cui è precipitata a causa della pandemia e delle ristrettezze dovute alla guerra in Ucraina? quale energia creativa metterete a disposizione degli italiani? Interrogativi di non poco conto che presuppongono un programma e una collocazione culturale e filosofica che al momento sia l’uno che l’altro non sembrano avere.
Quello che appare evidente è che quest’ennesima operazione partitica non farà bene al quadro politico in generale, alla stabilità del Paese e al suo prestigio internazionale. In particolare, non gioverà all’area di centrosinistra che vedrà molti voti, oggi in libera uscita, dirigersi poi verso la destra di Meloni e Salvini.
Ma questo è solo responsabilità della Sinistra a cui da tempo manca una chiara progettualità e quindi forza attrattiva.

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27 Giugno 2022