LO STOP DI MOSCA ALLE FORNITURE DI GAS ALL’OCCIDENTE E’ SOLO QUESTIONE DI TEMPO

DI VIRGINIA MURRU

 

Ora in Italia e diversi altri paesi dell’Occidente, siamo al 50% delle forniture di gas dalla Russia, sono occorsi pochi mesi per raggiungere questo temuto traguardo, e se Mosca non ha interrotto completamente il flusso degli approvvigionamenti è solo per una questione strategica. Fa parte delle ritorsioni, la risposta più dura ai vari ‘pacchetti’ di sanzioni varate dall’Ue per colpire (e possibilmente affondare) l’economia russa.

L’interruzione sta avvenendo per gradi, prima al Cremlino hanno necessità di trovare altri canali ad est per compensare le perdite dovute ai tagli in Europa, in paesi ‘amici’ come la Cina, per esempio, che ha raddoppiato l’import di prodotti energetici, ma anche India, ossia due tra le maggiori economie cosiddette emergenti, che tali non sono più tuttavia, se si considera il livello di sviluppo raggiunto negli ultimi dieci anni da questi paesi.

Ad aprile sono aumentate del 56% (rispetto al 2021) le importazioni dalla Russia da parte della Cina, e praticamente il doppio rispetto a marzo. Le relazioni commerciali tra i due paesi si sono intensificate in modo eloquente dopo l’aggressione di Mosca all’Ucraina. Intese scontate, di evidente sostegno, che non passano nella rete ufficiale dei rapporti internazionali, anche per via del conflitto in corso, nonostante l’apparente distanza di sicurezza di Pechino, che ha sempre definito inopportuno l’intervento armato della Russia.

Ma ha sostenuto comunque Putin e la politica del Cremlino, dimostrandolo più volte nel corso delle risoluzioni Onu, e con il rifiuto di applicare le sanzioni varate da Stati Uniti e Ue nei confronti di Mosca.

La drastica riduzione dei flussi di gas verso l’Europa sta creando problemi non di poco conto all’Ue, soprattutto ai paesi che sono maggiormente dipendenti dal gas russo. In Italia, nonostante sia stato dimezzato il volume delle forniture, non c’è ancora un vero e proprio allarme. Altri paesi orientali hanno aumentato l’export verso il Paese e in parte c’è stato un compenso che sta permettendo al nostro fabbisogno di sopravvivere. Ma è opinione comune che Gazprom possa azzerare il flusso, ora al 50%.

L’Italia con la sua politica estera di forte sostegno a Kiev, e la scelta di fornire armi ai contingenti militari ucraini, ha fortemente irritato Putin, che si aspettava una presa di distanza dal nostro esecutivo,  mettendone in discussione l’operato, con minacce varie al seguito.

E tuttavia, a partire dal 15 giugno, il flusso si è ulteriormente ridotto del 15%, Gazprom si giustifica con problemi tecnici, ma poiché la medesima riduzione ha interessato anche la Germania, si è più propensi a credere che le ragioni siano ben altre.

Non si capisce se l’Eni ha mandato giù la pillola amara di Gazprom, queste sono comunque le dichiarazioni al riguardo:

“A fronte di una richiesta giornaliera di gas da parte di Eni superiore di circa il 44% rispetto a quella avanzata ieri (incremento dovuto al recupero delle quantità non ricevute e alle normali dinamiche commerciali), Gazprom ha comunicato che sarà consegnato solo il 65% delle forniture richieste: le quantità consegnate saranno quindi di poco superiori rispetto a ieri e si attesteranno ad un livello assoluto di circa 32 milioni di metri cubi/giorno”.

Sembra che si siano verificati guasti nella centrale di Portovaya, secondo le dichiarazioni di Gazprom, che alimenta il Nord Stream, è proprio da qui che transita il volume di gas destinato ad Eni, attraverso il Baltico.

In Germania da alcuni giorni la riduzione del flusso è drammatica: il 60% in meno. Secondo il comunicato di Gazprom, la reale causa è il ritardo nell’invio di pezzi di ricambio per la stazione di Portovaya, ricambi attesi dal Canada. Qualora l’arrivo di questi strumenti tecnici dovesse protrarsi, le forniture potrebbero interrompersi del tutto. I tedeschi non sono degli allocchi e non credono assolutamente a questa versione.

I mercati, intanto, già in allarme per la politica monetaria delle Banche Centrali, Bce e Fed, rispondono all’emergenza gas facendo schizzare il prezzo (del MWh al TTF, ovvero Title Transfer Facility nei Paesi Bassi), balzato nei giorni scorsi del 75%.

Il ricatto di Mosca verso i Paesi Occidentali, rei di sostenere le ragioni dell’Ucraina nel conflitto, tenta di spingersi sempre più oltre, minacciando interruzioni di approvvigionamenti e ricorrendo ai più deprecabili espedienti per intimorire sulle conseguenze dell’economia, aumentando così la ‘forza negoziale’ sui diktat in ambito geopolitico.

Per questo l’Agenzia internazionale dell’Energia mette in guardia l’Europa sulle prossime mosse del Cremlino: bisogna prepararsi ad uno stop totale delle forniture.