PRESIDENTE DRAGHI, L’ITALIA E’ UN’ALTRA COSA

DI MARIO PIAZZA

 

Non che me ne importi un granché, ma da un po’ di tempo ripensando all’ultima settimana trascorsa ho la costante sensazione che essa sia stata un po’ meno democratica di quella precedente, e di quella prima, e di quella prima ancora.
La triste imitazione della bambina da esorcizzare che Giorgia Meloni ci ha offerto dal palco spagnolo di Vox non è cosa da prendere sottogamba. Gli amorosi sensi tra un partito che in materia di razzismo, omofobia e oscurantismo non ha nulla da invidiare alle nostre bande neofasciste di Forza Nuova e Casa Pound e la ruggente madama che guida i Fratelli dovrebbero farci accapponare la pelle e gridare all’emergenza democratica e invece tutto tace.
Il massimo della “resistenza antifascista” lo abbiamo visto in qualche sopracciglio alzato nei salotti buoni, utile solo per camuffare l’ansia di derubricare tutto a un perdonabile eccesso o a semplice e inoffensivo folklore.
C’è però una breve frase, pronunciata senza i rantoli di una scrofa sgozzata ma per me altrettanto agghiacciante perché a pronunciarla è stato il presidente del consiglio durante la sua visita a Kiev: “L’Italia vuole l’Ucraina nell’Unione Europea”.
Liberissimo Draghi di volere nell’Unione Europea anche le Isole Tonga o il Lesotho, ma non può e non deve dimenticarsi che a metterlo su quella poltrona è stato un presidente della repubblica in disarmo a sua volta nominato da un parlamento affidato a partiti che nella quasi totalità hanno tradito platealmente il proprio mandato elettorale, roba che con la democrazia rappresentativa non ha neppure una lontana parentela.
L’Italia un cavolo, caro presidente Draghi. Lei ha titolo per rappresentare le opinioni di un governo sgangherato che sopravvive soltanto per la propria conservazione, l’Italia è un’altra cosa.