GUERRA USA CINA PER TAIWAN? MINACCIA DEL MINISTRO E SMENTITA DI WASHINGTON

DA REDAZIONE

 

Troppe Americhe in campo. 

Il ministro della Difesa Usa minaccia la guerra alla Cina per Taiwan e si fa smentire da casa. Dubbio tra inciampo diplomatico e provocazione ben studiata.

L’invasione russa dell’Ucraina paragonata a un ipotetico attacco cinese contro Taiwan, quasi a cercare la guerra vera. Primo incontro tra i ministri della difesa di Stati Uniti e Cina a Singapore, summit sulla difesa e la sicurezza nell’Asia-Pacifico. Ovviamente si parla anche dell’isola di Taiwan. E al ministro statunitense ‘scappa’ una minaccia neppure troppo velata. E alla fine di quasi insulti, il ministro cinese ricorda al mondo che “una relazione Cina-Usa stabile è vitale per la pace globale”. Sperando che tutti i protagonisti in campo se ne ricordino.

Inciampo diplomatico o provocazione?

A Pechino sono furibondi per il paragone proposto (incautamente?) dal Ministro della Difesa americano, Lloyd Austin,  tra l’invasione russa dell’Ucraina e un possibile attacco cinese contro Taiwan. Parlando a Singapore, al meeting “Shangri-la” sulla sicurezza in Asia, Austin aveva detto, sabato scorso, che gli Stati Uniti avrebbero aiutato i Paesi più piccoli “a sfuggire alle imposizioni di Pechino” [vedi l’articolo precedente di Marsonet, Ndr].

China Morning Post

Una dichiarazione pesante, specie se accompagnata dalla spiegazione, come riporta il South China Morning Post di Hong Kong,  che “l’impegno è necessario per prevenire il ripetersi della crisi ucraina, nella regione indo-pacifica, mentre Pechino sta diventando più coercitiva nelle sue rivendicazioni territoriali”. Apriti cielo! Tolto il tappo al vaso di Pandora, hanno subito cominciato a turbinare venti ciclonici. Ieri, nell’area di crisi sempre in ebollizione, si è assistito a un violento botta e risposta, tra Pechino e Taipei, “sui diritti di passaggio” nello Stretto di Formosa. Un altro pericoloso tassello, che si va ad aggiungere a un’escalation verbale di accuse e di minacce che rischia di degenerare. Ma facciamo un passo indietro.

Stretto di Formosa e Settima flotta Usa

Quelle acque sono sempre più frequentemente solcate dalle navi della Settima flotta Usa, che copre l’Indo-Pacifico, e che mostrano “i muscoli” ai cinesi. Lunedì scorso, come scrive il South China Morning Post, il portavoce del Ministero degli Esteri di Pechino, Wang Wenbin, ha però lanciato un pesante avvertimento: la Cina ha diritti sovrani e amministrativi sullo Stretto di Taiwan e le rivendicazioni di Washington (si tratta di acque internazionali) sono false.  Insomma, secondo i cinesi lo Stretto rientra nelle loro acque territoriali, “come sancito dalla Convenzione Onu Unclos sul diritto del mare e sul diritto interno”. Questione molto delicata, non solo giuridicamente, ma anche e soprattutto dal punto di vista militare. Perché, se transita una nave da guerra avversaria, senza autorizzazione, in teoria la potresti pure affondare. E gli americani, da quelle parti, navigano tutti i giorni, tanto per ricordare a chi di dovere, che sono pronti a tutto se Taiwan dovesse essere invasa.

Chi gioca col fuoco

Beh, anche i cinesi sono pronti a tutto. Anzi, di più. E torniamo a quello che ha detto, al summit “Shangri-La”, anche il loro Ministro della Difesa, Wei Fenghe, al suo omologo Usa, Lloyd Austin. Le parole non lasciano spazio a dubbi: se gli Stati Uniti cercheranno di separare Taiwan dalla Cina sarà guerra. “Combatteremo a tutti i costi e combatteremo fino alla fine. Questa è l’unica scelta che abbiamo”, ha concluso Wei Fenghe, come riporta il South China Morning Post. D’altro canto, gli americani non riconoscono il trattato “Unclos” delle Nazioni Unite e hanno ribadito, con il portavoce del Pentagono (colonnello Martin Miners) che continueranno a volare e a navigare “ovunque il diritto internazionale glielo consenta”, incluso lo Stretto di Taiwan. Anche se, occorre sottolinearlo, proprio sulla questione in ballo, a Washington, ci si arrampica un po’ sugli specchi.

Taiwan è un pezzo di Cina

Lo status giuridico di Taiwan, infatti, è un papocchio. Così come le relazioni con gli Stati Uniti, rette da trattati bilaterali decisamente ambigui. Non si capisce, infatti, chiaramente, se gli americani si siano impegnati formalmente a entrare in guerra, nel caso in cui la Cina dovesse attaccare l’isola. Insomma, si tira avanti tra gli equivoci.

Gaffes o pessime intenzioni?

Nel suo viaggio in Asia, Biden aveva detto che l’America avrebbe dichiarato guerra alla Cina. Facendo saltare dalle sedie i suoi collaboratori, che lo hanno “corretto” (cioè, smentito) praticamente in diretta. Ora, Austin fa un discorso che, se riletto tre volte, non porta da nessuna parte. E, infatti, puntuale, arriva l’immancabile “precisazione” del Consigliere per la Sicurezza nazionale, Jake Sullivan. La posizione di Washington non è cambiata: gli Stati Uniti non supportano l’indipendenza di Taiwan e non cercano uno scontro con la Cina. Si va avanti, come diciamo da un pezzo, “per prove ed errori”, forse perché il pianeta sta perdendo tutti gli equilibri geopolitici che sembravano ormai un fatto acquisito.

La raffica delle emergenze

Ci troviamo sotto un fuoco incrociato di emergenze, che ci hanno condotto in uno “stato critico”, in una transizione di fase che segna un confine tra due epoche. Si esce, come in fisica, o trasformando il sistema o facendolo crollare. Manca, però, una strategia globale. Ergo: si vive alla giornata, in politica estera, come in economia. 

“Ecco perché eventi solo apparentemente slegati tra di loro, sono in effetti interconnessi da una ragnatela di “circuiti”. Storici, culturali, politici, ma soprattutto economici. Che dovrebbero essere mediati dalla diplomazia e che, invece, sono lasciati all’improvvisazione”.

Di Piero Orteca

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15 Giugno 2022