“CULTURA PATRIARCALE” LE DONNE VIOLATE RINGRAZIANO

DI CLAUDIA SABA

 

Si chiamava Elisabetta Molaro, aveva 40 anni.
Il marito Paolo Castellani, di 44, l’ha accoltellata mentre le figlie di 5 e 8 anni dormivano nella stanza accanto.
Poi ha chiamato i soccorsi, è uscito di casa, ha preso l’auto e si è dileguato.
Lo hanno fermato all’alba in stato di choc mentre vagava a piedi nella campagna.

Si ipotizza che avrebbe anche tentato di annegarsi in un canale perché al momento del fermo era bagnato.

E così, m
entre sui social continua la disputa per stabilire chi uccide di più tra uomini e donne nella notte, a Udine, si consumava l’ennesimo femminicidio.

Perché lei, aveva chiesto la separazione.
L’uomo, prima della tragedia, sembrava lo stesso di sempre: pacato, mite, sereno, racconta una vicina.
Perché gli uomini violenti sono tutti calmi e tranquilli, sereni e pacati, prima, ma quando una donna decide di lasciarli allora si armano. Le accoltellano oppure le scaricano addosso una montagna di proiettili.

Quando parlate di donne che ammazzano, si distorce la verità.
Se uccide perché il marito si è rifatto una vita con un’altra donna è “Medea”.
Se ricorre all’aborto, tradisce la sua natura materna.
Non ha attenuanti, e’ solo un’assassina da mandare al patibolo senza se e senza ma.

Ma quando è un uomo ad uccidere figli e moglie, lo fa perché, poverino, “era sconvolto”, in preda al raptus per gelosia, per troppo amore, perché lei voleva separarsi.
In realtà la donna, per tutti, esiste solo come madre, non come persona con una sua identità.

Il linguaggio che racconta di genitori che uccidono e’ imparziale.
E la causa principale è da ricercare in quella cultura bigotta e antica, la cultura patriarcale, che permette di giustificare uno stupro, naturale per un maschio, ma che mette al patibolo una donna che ammazza il proprio figlio, perché innaturale per una mamma.