GLI OMOLOGHI (sottotitolo: La tragedia di un uomo ridicolo)

DI MARIO PIAZZA

 

Nei rapporti tra stati ci si parla tra omologhi. I capi di stato con i capi di stato, i ministri coi ministri, i comandanti militari coi comandanti militari. Quando ciò non è possibile si usano gli ambasciatori che notoriamente non portano pena proprio perché danno semplicemente voce alla volontà dei propri governi.
Me lo immagino il Matteo Salvini che, superate le perplessità per quel prefisso “omo” di possibile natura sessuale, da quel maschione alfa che è prende in mano la situazione esclamando “Ghe pensi mì!”.
Che uomo, ragazzi. Di quelli inzuppati di dopobarba scadente che non devono chiedere mai, non chiede a Draghi se può andare e non chiede a Putin se è interessato a riceverlo ma soprattutto non chiede a se stesso a che titolo avrebbe intrapreso la sua missione di pace.
Eppure in Russia di suoi omologhi ne avrebbe trovati a vagonate cercandoli tra quelli che hanno truffato lo stato e hanno abusato dei suoi mezzi, che hanno usato la polizia per reprimere gli oppositori, che si sono ingozzati come maiali di salamini e di tangenti, che hanno seminato a piene mani odio sociale, maschilismo, violenza, omofobia e razzismo.
Già, però anche con loro il Salvini avrebbe fatto la figura dello straccione piottaro… Meglio ripensarci, meglio non lasciare vuoto quell’ombrellone del Papeete così perfetto per le sue reali caratteristiche e dimensioni.