SI PUO’ CHIAMARE QUESTA “CARITA’ CRISTIANA”?

DI LEONARDO CECCHI

 

Fabio Ridolfi ha 46 anni e da 18 anni può comunicare con il resto del mondo in un solo modo: con gli occhi. Non muove nulla, tranne quelli. Li usa per scrivere, con un puntatore.
E oggi si è rivolto allo Stato italiano chiedendogli una sola cosa: “Gentile Stato italiano, da 18 anni sono ridotto così, immobilizzato. E ogni giorno la mia condizione diventa sempre più insostenibile. Aiutami a morire”.
Ecco, non è semplice parlare di questo, si rischia superficialità.
Ma io, che parlo da persona che crede in qualcosa, voglio fare una domanda a chi si oppone all’eutanasia e crede anch’egli in qualcosa: ma secondo voi, se c’è un Dio, se c’è un Cristo, vuole che persone come Fabio continuino a patire come cani altri venti o trent’anni? Brama di vederli attaccati a dei tubi, incapaci persino di respirare da soli; gode nel vederli soffrire nel ricordo di quanto camminavano, respiravano, vivevano?
Se c’è un Dio, vi dico che sono abbastanza sicuro che non voglia nulla di tutto questo.
Se c’è un Dio, son convinto che vuole una sola cosa: che smettano di soffrire il prima possibile e che vadano da lui. Perché qui non hanno pace. Perché questa è pietà cristiana. E perché la loro non è vita. Non lo è più. E se hanno deciso di smettere di soffrire in questa maniera, l’unica cosa che possiamo fare è rispettare tutto questo. Rispettare il loro dolore, rispettare quello delle famiglie.
Consci che non c’è nessuna felicità dietro l’ultimo atto, ma solo altro dolore. Che però pone fine ad un altro ben peggiore.
Tutto qui.