EL BLOQUEO

DI MARIO PIAZZA

 

Il “Blocco” americano dura da più di sessant’anni contro una popolazione la cui età media è sotto i quaranta.
Dopo tanto tempo i Cubani ormai pronunciano quella parola con la stessa rassegnata disinvoltura che noi usiamo quando parliamo della siccità estiva o delle influenze invernali.
Di tutte le scelte strategiche degli Stati Uniti nel dopoguerra quella di provare ad affamare un intero popolo e ad affliggerlo con sanzioni che ne avrebbero dovuto distruggere i sistemi sociali ed economici è stata di gran lunga la più fallimentare, e a nulla sono valsi gli innumerevoli attentati terroristici con cui la lunga mano della CIA ha accompagnato le sanzioni.
Al clamoroso insuccesso del boicottaggio economico e all’inutilità delle azioni terroristiche (sono stati 638 soltanto i tentativi di assassinare Fidel Castro) si è aggiunta la condanna plebiscitaria dell’ONU con 187 voti a favore e 2 contrari (USA e Israele) ma non c’è stato verso di modificare la politica americana e il bloqueo continuerà chissà ancora per quanto.
Eppure non è difficile da capire, immaginiamo una ventina di perfetti estranei che stanno aspettando l’autobus ognuno pensando ai fatti propri. L’autobus non arriva e bastano dieci minuti di inutile attesa perché quelle venti persone diventino un gruppo compatto che protesta con una sola voce contro la maledetta azienda municipale dei trasporti.
Cuba è solo un’isola con undici milioni di abitanti, poche risorse e nessuna capacità di reazione, eppure l’embargo non solo ha fallito ogni suo obiettivo tranne quello della crudeltà gratuita ma ha rafforzato sia il governo che il popolo cubano.
Immaginate cosa potrà accadere usando la stessa arma contro la Russia, 150 milioni di abitanti su un territorio vastissimo e ricco di risorse naturali e, come se non bastasse, confinante con la Cina per oltre 4000 chilometri.
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