SERVANT OF THE PEOPLE

DI MARIO PIAZZA

 

Questo è probabilmente (mai dire mai) l’ultimo post che scrivo che riguardi seppur solo di striscio la guerra in Ucraina. Mi costerà fatica parlare d’altro ma ho capito che in un social come sui campi di battaglia la sola parola “guerra” risveglia gli istinti peggiori, annebbia le menti, accende i sospetti… Insomma, cancella in un colpo gli ingredienti indispensabili per non trasformare un confronto di opinioni in una zuffa tra cani.
Veniamo al punto, qualcuno di voi ha dato un’occhiata alla fiction interpretata da Zelensky “Servant of the People”? Io sì, per interi dieci minuti che mi hanno lasciato con la bocca aperta e il cuore nei talloni. Roba che fa sembrare le peggiori telenovelas brasiliane opere d’arte d’avanguardia ma non è questo il lato peggiore, perché parliamo di 24 episodi di pura propaganda e di culto della personalità che avrebbero fatto morire d’invidia Matteo Salvini ma soprattutto la Bestia di Morisi.
Classificare questo corso di istruzione popolare per adulti analfabeti come satira politica è di per sé indecente e offensivo per chi guarda ma diventa tragico se si pensa che la forma più pedestre di persuasione occulta che io abbia mai visto è andata in onda nel 2015, mentre nel Dombass infuriava quella guerra civile che ha causato 14.000 morti, non so quanti feriti, lo sfollamento di due milioni di persone e la distruzione di miliardi di Euro di manufatti di ogni genere.
Proprio come la “operazione militare speciale” anche quella non veniva chiamata guerra, si parlava nelle cronache di allora di rivolta o di crisi e anche lì ad ammazzarsi reciprocamente c’erano in prima linea formazioni paramilitari che delle convenzioni internazionali, delle armi proibite, dei civili, delle scuole e degli ospedali se ne stropicciavano i coglioni nell’indifferenza generale.
Comprensibile che la Russia abbia preferito combattere quella guerra in conto terzi nell’ombra, molto meno che i servitori del popolo martirizzato di oggi abbiano a quel tempo preferito girare i riflettori verso il set cinematografico più scadente ed ambiguo che io possa ricordare.
La merda è merda sempre, per scacciarne la puzza non basta cambiarle nome o spegnere la luce.